Usa, effetto-crisi anche per il gioco d'azzardo
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Il gioco è bello quando dura poco. Ma soprattutto (aggiungerebbero a Las Vegas) finché ci sono soldi da spendere. Con la recessione i portafogli degli americani si sono fatti più leggeri. E così, dopo dieci anni di crescita sostenuta, il business del gioco d'azzardo ha subito una battuta d'arresto. Nel 2008, secondo l'American Gaming Association, associazione di categoria che riunisce i principali operatori del settore, i ricavi dei casinò privati (escludendo quelli in mano ai nativi americani che non pagano tasse) sono calati del 5% a 33 miliardi di dollari.
Ma la notizia più rilevante è che questa volta a perdere è il giocatore più vincente degli ultimi dieci anni: lo stato. Negli ultimi dieci anni i proventi fiscali da lotterie, corse dei cavalli e casinò sono cresciuti del 65%. Un'entrata solida e in continuo aumento per molti stati americani, che se ne sono serviti per abbassare le tasse ai cittadini o finanziare spese pubbliche come le infrastrutture. Ossigeno per i bilanci pubblici quindi, che ha cominciato a esaurirsi ai primi segnali della recessione. Nel 2008, secondo la l'American Gaming Association, i ricavi dalla tassazione del gioco d'azzardo sono calati del 2,2% a 5,7 miliardi di dollari.
Le ripercussioni più gravi le hanno subite quegli stati che più dipendono dai casinò. Nel Nevada, ad esempio, dove il 30% dalle entrate fiscali è rappresentato dalle tasse sui proventi del tempio del gioco d'azzardo: Las Vegas. Nell'anno fiscale conclusosi a giugno del 2009 il calo è stato del 15%. Questo ha avuto un'inevitabile ripercussione sulle entrate totali, calate del 10% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. A scorrere i dati, pubblicati dal Wall Street Journal, del Rockfeller Institute fo Government dell'Università di New York si possono osservare altri casi.