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Uscire dalla crisi è un gioco... d'azzardo: quando il vizio diventa malattia

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Uscire dalla crisi è un gioco... d'azzardo. Quando il vizio diventa malattia

All’inizio è divertente. Poi il gioco diventa un vizio e una dipendenza. Non diverte più, ma ossessiona. A volte rovina. Aliena le persone talmente dalla realtà, che il problema non è il gioco, non sono i soldi che non bastano mai e neppure le ore trascorse a pigiare lo stesso tasto. Nella realtà del giocatore ormai malato di dipendenza, il problema sono la fortuna che prima o poi girerà, il lavoro che ti ruba tempo prezioso, la famiglia e gli amici che ti dicono che sei in pericolo. A quel punto tutto è già inutile. Di quell’attività volontaria svolta a scopo ricreativo che è il gioco, non resta niente. Per molti, l’azzardo è già la malattia del nuovo millennio. Una realtà distorta e un mondo nel quale non ci si riconosce più sono i sintomi, secondo gli esperti. Sintomi che la “guarigione” la rendono difficile perché lo è la percezione del problema. Spesso servono debiti d’usura, licenziamento, disperazione, per mettere in luce il disagio. Perché fin che ci sono soldi da giocare e tempo per farlo, anche chi con il giocatore condivide casa e vita fa fatica a capire. E ad accettare. La malattia del gioco logora un po’ alla volta. Come le altre dipendenze, arriva per caso. Poi si vincono pochi spiccioli e si rischia di non smettere più. «Questa situazione allarmante è favorita anche da molti conflitti di interesse, a partire dal fatto che lo Stato stesso affida al ministero del Tesoro e delle finanze, fruitore di cospicue entrate economiche provenienti dal mercato dell’azzardo, il ruolo di tutelare i cittadini dai problemi sociali e sanitari correlati alle dipendenze patologiche indotte dalla progressiva espansione del settore». A sviscerare il problema sono le 16 organizzazioni di diverso genere (comprese Acli, Alea, Arci, Auser, Avviso Pubblico, Federconsumatori, Gruppo Abele e Libera) che hanno lanciato la campagna nazionale di sensibilizzazione contro il gioco d’azzardo e i rischi legati alla ludopatia “Mettiamoci in gioco”. La crisi economica non sta aiutando: l’idea è di fare fortuna con l’azzardo. Ma gli esperti lo assicurano: vincere è un caso. E per tutti gli altri, i problemi economici si aggravano. Secondo i dati presentati dalle 16 associazioni, l’Italia è il primo Paese al mondo per spese pro-capite. I promotori della campagna hanno ricordato che sebbene il Codice penale limiti fortemente il gioco d’azzardo, nel 2011 siano stati spesi 80 miliardi di euro in lotterie, slot machine, poker, scommesse, immessi sul mercato a ritmi sempre più frenetici. Questa somma ha fatto diventare l’industria del gioco una delle più importanti del Paese. Il risultato è stato il notevole aumento del numero dei giocatori, con sempre più giovani, casalinghe e pensionati coinvolti. Circa il 2,2% della popolazione adulta italiana, inoltre, risulta essere a rischio per il gioco d’azzardo, se non già vittima patologica. Con la crescita dei giocatori, poi, destinati ad aumentare sono costi sanitari, sociali, relazionali e legali del gioco d’azzardo. Le indagini effettuate dal Coordinamento nazionale Gruppi per giocatori d’azzardo mettono Valtellina e Valchiavenna in cima alle classifiche sul gioco con una crescita del 297% rispetto a 5 anni fa (dato più alto in Italia) e una spesa pro-capite per il gioco di 1.300 euro all’anno (1.200 è la media nazionale). Ma all’Asl di Sondrio cresce anche il numero dei pazienti che si rivolgono al Dipartimento dipendenze, anche se i numeri contano poco, visto che il sommerso è molto elevato perché il gioco non è ancora considerato come una vera e propria dipendenza e il percorso terapeutico di sostegno alla ludopatia è ad accesso volontario, con la compartecipazione dell’assistito, nel caso in cui sia avviato un ciclo di sedute terapeutiche. Secondo i dati del Rapporto Eurispes 2009, in Italia il gioco d’azzardo coinvolge fino all’80% della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). Nel nostro Paese, i malati di gioco d’azzardo patologico sono circa 700mila. In Toscana nel 2010, 500 persone si sono rivolte ai servizi per essere curate.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)