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Varese: una notte con il Discobus

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UNA NOTTE COL DISCOBUS


Un terzo degli studenti della città, nell'ultimo mese, hanno provato l'ebbrezza da «binge drinking». Il Varesino a bordo del «Discobus» per combattere l'abuso di alcol. A rischio il 91% dei giovanissimi
Ogni lavoro ha una sua tradizione ed un insieme di rituali. Uno dei rituali, per il «Discobus», è quello di farsi un caffè prima di iniziare a lavorare. Nell'ora in cui la maggior parte delle persone si prepara per uscire, alla ricerca di uno svago che lavi via la fatica della settimana conclusa, loro salgono su un camper per raggiungere la destinazione prescelta. Il camper, che è stato fatto decorare da dei writer varesini, non può essere considerato un mero mezzo di trasporto. Collocato all'interno di un evento, per una via cittadina o anche per strada, fermo al semaforo, attira l'attenzione e gli sguardi incuriositi di tutti. Mamme, nonni e persino bambini che salutano con la mano.


«Con il tempo il camper è diventato, in un certo senso, il marchio di riconoscimento e la prima occasione di aggancio con l'utenza» spiega Elena. Questa sera ci siamo anche noi del Varesino, insieme a lei e a Meme. Stiamo andando ad una festa techno in un locale fuori città e lì staremo fino a dopo la chiusura, perché il loro lavoro è quello di fare in modo che gli altri possano divertirsi, senza che nessuno si faccia del male.


Il Discobus è un progetto della cooperativa «Lotta contro l'emarginazione» e si occupa della riduzione dei rischi connessi all'abuso di sostanze legali ed illegali e opera sul territorio da più di dieci anni.


Arrivati nel parcheggio del locale, Elena e Meme scaricano dal camper tutto ciò che serve: un etilometro per rilevare il tasso alcolemico, centinaia di volantini, preservativi «perché l'ebbrezza abbassa il livello di allerta ed aumenta il rischio di rapporti occasionali e non protetti», t-shirt e gadget che verranno dati in premio. «Chi guida, all'interno di un gruppo di amici, deve impegnarsi a restare sobrio. I premi incentivano questo tipo di scelta» spiega, adibendo un lato del gazebo per la proiezione di video di sensibilizzazione in tutte le lingue.


Nel parcheggio del locale, il camper colorato di graffiti attira l'attenzione dei ragazzi, che seppur schivi si avvicinano. «A volte sono quasi ostili, pensano che siamo qui per giudicarli» raccontano. Ma intanto, intorno a noi, vinta la malfidenza iniziale, si è creato un capannello di teste e volti. «Se vogliono fare l'etilometro prima di mettersi alla guida, chiediamo loro di rispondere ad una serie di domande». Il questionario, anonimo, è strutturato in diverse sezioni in cui si chiede, per esempio, quante volte si beve alcolici in una settimana e ciò che emerge, nella maggior parte dei casi, è che l'utente medio beve di solito il week-end e fuori dai pasti, dall'una alle tre volte alla settimana e che beve sempre in compagnia. Bere da solo viene considerato un atteggiamento socialmente criticabile.


«Parlare di droghe invece, non è sempre facile, perché si entra nell'ambito dell'illegalità». Una buona parte degli intervistati riconosce di aver sperimentato, magari in passato, ma difficilmente ammette di farne ancora uso o di averlo fatto la sera stessa. «Nell'ultima parte del questionario, che va compilata dopo aver fatto l'etilometro, domandiamo se hanno intenzione o meno mettersi alla guida alla luce del risultato del test». Scopriamo che nella totalità dei casi, nessuno guiderebbe dopo aver bevuto se ci fossero a disposizione mezzi pubblici notturni o taxi economici. Ma nella nostra città, trovare un taxi di notte è un miraggio e spesso, i tassisti, rifiutano passeggeri «alticci». Situazione aggravata dall'espansione geografica della provincia di Varese, che rende difficile l'organizzazione di navette da parte dei locali, o l'autoorganizzazione tra amici al fine di spostarsi con il minor numero possibile di macchine e stabilire di volta in volta un «guidatore designato».


«Con questa espressione si vorrebbe far passare la buona prassi per cui, chi guida, all'interno di un gruppo di amici, non dovrebbe bere alcolici e farsi carico della responsabilità di portare a casa tutti sani e salvi» racconta Meme. Tutte le informazione raccolte tramite i questionari vengono poi mandate all'Osservatorio delle Dipendenze dell'Asl. I dati raccolti e le statistiche servono per stabilire se quello che si sta facendo è efficace o meno e, in caso negativo, di pensare a nuove iniziative o strategie volte alla prevenzione. E i dati parlano chiaro: 6 lombardi su 10 hanno avuto nella loro vita un episodio di ubriachezza, e 1 su 4 nel corso dell'ultimo anno, più di quanto avvenga a livello nazionale, con abusi più frequenti fra i maschi e fra i più giovani.


Tra i ragazzi (dai 15 ai 19 anni circa) il consumo di bevande alcoliche, arriva a coprire il 91,6% della popolazione. Allarmante la diffusione del bere tanto (5 o più bevande alcoliche di fila) e in breve tempo, chiamato «binge drinking», sperimentato nell'ultimo mese da un terzo degli studenti varesini.
Prevenzione e riduzione del rischio, perché dei 2.258 soggetti tossicodipendenti in carico ai SerT provinciali, quelli alcoldipendenti, nel corso del 2009, sono stati 916 ovvero 14 persone ogni 10.000 residenti dai 15 ai 74 anni. Evitare a chi consuma alcol di cominciare ad abusarne, fino a poi dipenderne, fa parte della missione delle unità mobili giovani diffuse per la Lombardia (come il Discobus per Varese) e degli uffici Asl di pertinenza, come l'Osservatorio. Perchè la strada da fare è ancora lunga. I dati dell'Istat indicano, infatti, che il 75% degli italiani consuma alcol (l'87% degli uomini e il 63% delle donne). E il primo bicchiere viene consumato a 11-12 anni; l'età più bassa dell'intera Unione Europea, dove la media è fissata 14 anni e 6 mesi. Così se nel 2000 consumavano alcolici fuori pasto il 14,5% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni, nel 2010 la quota si è attestata al 16,9%. Nel complesso, poi, i comportamenti a rischio nel consumo di alcol riguardano 8 milioni e 624mila persone. Intanto è quasi l'alba e la musica è finita. Centinaia di persone, ignare delle preoccupazioni, si sono fermate a chiacchierare. Hanno consegnato pezzi delle loro vite e hanno fatto tante domande. È giunto per il «Discobus» il momento di tornare a casa.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)