Venezia: Arpav, sorpresa dall'analisi dell'acqua, nei fiumi cocaina e pesticidi illegali
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Assumono cocaina, comprano su Internet pesticidi illegali per aggirare la legge, usano diserbanti vietati da più di vent'anni e poi scaricano nei fiumi del Veneto. E' bastato che l'Arpav monitorasse le acque della regione nel tentativo di identificare le sostanze pericolose («Progetto I.s.per.i.a») per scoprire che i fiumi sono mediamente puliti, mentre i reati una costante diffusa. «I dati dimostrato che la presenza di sostanze di origine industriale pericolose per l'uomo è sotto controllo - spiega il direttore generale di Arpav Andrea Drago - ma la presenza di alcune sostanze legate alle attività agricole indica che nelle campagne si verificano comportamenti illeciti».
Perché i tecnici ambientali che ricercavano la presenza di arsenico, cadmio, nichel e piombo si sono imbattuti in campioni di atrazina, terbutilazina o simazina. «Sostanze che non hanno nemmeno più un nome commerciale perché sono state bandite all'inizio degli anni Novanta - aggiunge il direttore dei laboratori di Arpav Pierluigi Mozzo - e che probabilmente vengono acquistate via internet per sfuggire ai controlli». D'altro canto, anche se le percentuali individuate nelle acque venete di questi pesticidi sono basse (sull'ordine dello 0,5%) e non destano per il momento preoccupazione per la salute umana, a stupire i tecnici dell'Arpav sono stati i metaboliti della cocaina rilevati sul Sile, sullo Zero, sul Bacchiglione e sull'Adige.
«Si tratta di una manciata di campioni che vanno dai quaranta ai duecento microgrammi non di uno studio specifico perché stavamo cercando altre sostanze - continua Mozzo - Ma si tratta di valori simili a quelli rilevati nel Tamigi un paio di anni fa e indicano senza dubbio una discreta diffusione della cocaina tra i veronesi e i trevigiani ». Per sapere con esattezza da che scarichi proviene la coca infatti sarebbe necessaria una mappa del sistema idrogeologico che Arpav ha appena iniziato a mettere a punto e che richiederà ancora molti anni. Le percentuali rilevate sono infatti preoccupanti per i nasi dei veneti ma non influiscono in alcun modo sulla salute ambientale delle acque. «Le sostanze pericolose sono soprattutto i metalli e le diossine - conclude Mozzo - e possiamo dire che rispetto agli anni Ottanta la qualità delle acque è decisamente migliorata ».