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Videogiochi come alcol e droga? In Corea del Sud si pensa a come limitare la dipendenza da gioco

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Videogiochi come alcol e droga? In Corea del Sud si pensa a come limitare la dipendenza da gioco


La Corea Del Sud rappresenta, per molti versi, il paradiso dei videogiocatori. Da anni il settore videoludico viene incentivato, i tornei di e-Sport vengono trasmessi in TV, StarCraft è quasi un’istituzione nazionale e i PC Bang, veri e propri locali in cui i cittadini possono recarsi e sfruttare i computer a disposizione per giocare, sono sempre più diffusi.


Il problema della dipendenza dai videogiochi è da tempo al centro del dibattito nazionale e alcuni recenti fatti di cronaca - genitori che dimenticano di far mangiare i figli per giorni perché impegnati a giocare e simili - non hanno fatto che intensificarlo.


La Shutdown Law, legge che vieta ai minori di 16 anni di accedere ai videogiochi da mezzanotte alle 6 del mattino, è in vigore dal maggio 2011 - pur non includendo console e giochi su smartphone e tablet - ma questo non sembra aver aiutato ad arginare il problema.
Alcuni esponenti del governo sono convinti che il problema stia danneggiando la nazione e sono alla ricerca di una soluzione. Ed ecco che si è cominciato a parlare di Game Addiction Law, una legge che arriverebbe a paragonare i videogiochi all’alcol e alla droga e a regolamentarli come tali, con tutte le conseguenze del caso.


Lo scorso 18 giugno il Partito Democratico della Corea ha tenuto un interessante dibattito - "Videogiochi: arte o dipendenza?" - per discutere dell’eventuale efficacia di una legge del genere, analizzare la dipendenza da gioco, cercare di capirne le cause e trovare delle soluzioni. Al dibattito hanno partecipato esponenti del Governo, rappresentanti dell’industria videoludica e docenti.
La conclusione a cui si è arrivati è una soltanto: il problema non risiede nei videogiochi. Dare un taglio ai videogiochi, lo ha detto il presidente di Gamers Foundation, “sarebbe come sostituire il motore della tua auto per poi scoprire che il problema era l’assenza di carburante”.


Il problema risiede altrove, in primo luogo nella famiglia e nella pressione sui risultati ottenuti a scuola. I più giovani si rivolgono ai videogiochi per ridurre il livello di stress, quando basterebbe un po’ di comunicazione tra genitori e figli per ridurre il problema.


Un’altra verità è emersa dal dibattito: limitare i videogiochi significherebbe anche mettere un freno alla libertà di espressione e controllare quella che a tutti gli effetti è una forma d’arte


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(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)