Vino italiano sotto attacco
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Adele Parrillo
IL VELENO INVISIBILE. L'ultimo caso è quello del Rosecco, il brut rosè che stava per essere messo in vendita dalla prestigiosa catena inglese Mark & Spencer come imitazione del Prosecco.
«Sono venuto per complimentarmi con voi perché create ricchezza e cultura, perché il vino è soprattutto cultura - ha detto il Presidente Napolitano intervenendo lo scorso 9 aprile all'inaugurazione della 44a fiera di Verona, Vinitaly. - Voi fate grande l'Italia e assieme cerchiamo di far crescere questo Paese». Il vino italiano è una delle voci positive della bilancia agroalimentare e il portabandiera indiscusso all'estero delle nostre eccellenze ponendosi, insieme all'offerta gastronomica regionale, come un bene culturale a tutti gli effetti.
L'Italia non è soltanto il primo esportatore mondiale di vini in bottiglia in quantità e il secondo in valore dopo la Francia, ma detiene molte altre posizioni rilevanti nei vini spumanti, nei vermut e in prodotti derivati come l'aceto. Nel 2009 l'export italiano di vini in bottiglia è cresciuto del 2,7%, mentre quello francese è diminuito dell'8,1%. Dopo il sequestro a Siena, l'8 aprile scorso, di 10 milioni di litri di vino da tavola pronto per essere esportato negli Usa come Chianti Doc, la Coldiretti chiede "tolleranza zero" nei confronti delle frodi e delle sofisticazioni.
Considerando anche che dopo gli scandali sul vino, le esportazioni di valore di bottiglie made in Italy negli Usai sono diminuite del 7%, con una perdita per il settore di 60 milioni di euro nel 2009. «Il vino e gli alcolici sono tra l'altro fra i prodotti più a rischio contraffazioni», - ricorda Coldiretti. è il caso del Rosecco, il vino brut rosè che stava per essere messo in vendita dalla prestigiosa catena distributiva inglese Mark & Spenser come imitazione del Prosecco, solo l'ultimo esempio dei tanti prodotti fantasiosi presenti sul mercato internazionale delle imitazioni del made in Italy alimentare, il quale sviluppa un fatturato di 52 miliardi di euro.
Sono passati ventiquattro anni dalla prima grande frode alimentare italiana: era il marzo 1986. In Lombardia, Piemonte e Liguria, ignari consumatori attratti dal basso prezzo, rimasero avvelenati dal vino al metanolo. Quel veleno causò la morte di 19 persone e la cecità di altre 15. Varie aziende vitivinicole non esitarono a far ricorso al metanolo, un alcol estremamente tossico, per alzare la gradazione alcolica di vini di scarsissima qualità. Questa triste vicenda ha avuto un lungo processo, in cui sono stati contestati reati gravissimi come l'omicidio volontario.
Passati i tre gradi di giudizio, processi in cui l'associazione Altroconsumo si è costituita parte civile sono arrivate le condanne penali, ma purtroppo non i risarcimenti alle vittime; i colpevoli, infatti, si sono dichiarati falliti. Fino a oggi, infatti, le persone che bevendo il vino adulterato hanno subito un grave danno e i parenti delle vittime, che si sono autocostituiti in un comitato, non solo non hanno ricevuto un soldo dai colpevoli, ma sono stati abbandonati anche dallo Stato, che non ha provveduto a supplire all'insolvenza dei truffatori.
Per risolvere la questione del risarcimento, Altro consumo ha proposto, per ben tre anni di fila ma senza successo, un emendamento alla finanziaria che stanziasse il dovuto, cioè circa 15 miliardi delle vecchie lire. Questa tragedia ha portato però anche qualcosa di buono: ha accentuato la sensibilità dell'opinione pubblica nei confonti della sicurezza alimentare.
«Occorre insistere - afferma ancora Coldiretti - sulla strada della lotta contro quei comportamenti che causano un danno economico e di immagine gravissimo».