Vite d'azzardo...
Vite d’azzardo...
La mano che preme i tasti del videopoker trema leggermente. E il capo, chino sul monitor dove si rincorrono simboli e numeri,
è scosso da fremiti. Come se quel signore un po' in carne, con la giacca di panno blu lisa sui gomiti, soffrisse di una
febbre maligna. Eppure la concentrazione è totale, come se da quei gesti affannati dipendesse la vita. Accanto a lui una
casalinga con le borse della spesa abbandonate a terra, cambia dieci euro in gettoni e poi li infila uno dopo l'altro nella
bocca vorace della macchinetta. Pochi tasti premuti con velocità estrema e un'altra banconota si trasforma in gettoni. Se ne
vanno, in pochissimi minuti quattro biglietti.
Ben di più, ad un primo sguardo, di quanto c'è nelle borse del supermercato. Siamo in un bar di periferia, uno dei tanti con
il bancone consumato dagli anni, con pochi tavolini e una sfilza di macchinette infernali. La gente è lì, consuma soldi e
disdegna persino i caffè. Il barista siede con il giornale aperto alle pagine dello sport. Intorno un silenzio quasi irreale.
Perché questo è il regno della solitudine e della disperazione. Dell'illusione e del disinganno. Perché, come in tutti i
giochi d'azzardo, vince sempre il banco. E il banco è lì, racchiuso da plastica e acciaio, vorace come un orco e tentatore
come una sirena. Non è un caso se un milione e mezzo di persone nel nostro Paese (oltre 100mila in Piemonte, più del doppio
in Lombardia) non riesca a fare a meno di scommettere lo stipendio, indebitarsi e in tanti casi ricorrere agli strozzini per
alimentare un vizio che ormai ha varcato la soglia della malattia mentale. Sempre per citare un dato che aiuta a comprendere
la gravità del problema, solo a Torino, in un anno, oltre duemila persone hanno chiesto aiuto a medici e psichiatri per
curare la dipendenza dal vizio del gioco. Un esercito di scommettitori che ha trovato "il casinò" sotto casa, al bar, in
tabaccheria e che si è ingrossato a dismisura quintuplicando, in pochi anni, le fila di chi, almeno una volta al giorno,
infila denaro in una macchinetta. E perde, quasi con regolarità. Dall'altra parte un mondo variegatissimo di imprenditori
senza scrupoli a cui si mescola la malavita organizzata con un giro d'affari che è quasi impossibile quantificare ma che,
secondo gli esperti, vale quasi quanto una manovra finanziaria del governo. Di qui l'emergenza sociale, anche per le ovvie
ricadute verso il crimine, e il fiorire di proposte per frenare il vizio. Quella che ha suscitato "simpatie" bipartisan nel
mondo politico, vorrebbe stroncare il male alla radice, vietando l'installazione e l'uso del gioco d'azzardo elettronico nei
locali pubblici. Proposta che non piacerà, che susciterà l'ira dei gestori e, temiamo, dei giocatori che si vedrebbero
privare della loro droga quotidiana. Ma che sarebbe accolta come un viatico miracoloso da molte famiglie. Peccato che l'
esperienza insegni che il proibizionismo non abbia mai risolto nullo consegnando ciò che è vietato nelle grinfie di soggetti
ancora peggiori di quelli che un giorno sì e l'altro pure, pubblichiamo sul giornale con le manette ai polsi.
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