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Ziano (TN): il brindisi di chi ha detto no all'alcol

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ZIANO - Aranciata di mezzanotte. Hanno brindato così i club territoriali no alcol che si sono ritrovati nella Sala della

cultura di Ziano per festeggiare insieme l'arrivo del nuovo anno. Tavolate gremite di facce, sorrisi e voglia di

condivisione. La mamma che culla il figlio neonato tra le braccia. Le ragazzine che hanno boicottato le amiche per una serata

di sobrietà. Lo speaker della tombola che gioca a ripetere i numeri e a confondere i segni sulle cartelle.
Ai piedi dell'enorme soppalco in legno ci sono tutte le storie di una valle che da 25 anni si stringe attorno a chi ha scelto

di dire basta. I bicchieri sono vuoti di spumante, birra, rum o teroldego; sulla tavola tornano a esistere soltanto come meri

utensili da pasto.
Gabriele aveva poco meno di sessant'anni quando, in astinenza da alcol, è crollato sulle scale: «I tremori cominciavano la

mattina appena alzato. Trovavo pace in un goccio; due, tre sorsi e via. Quando non potevo bere stavo malissimo, l'ansia mi

prendeva insieme alla paura di non riuscire a restare in mezzo alla gente». Poi la corsa in ospedale, dopo quell'incidente, e

dalla corsia al club: «Tre anni che sono qui e dopo 15 anni spesi a bere, mi sono finalmente reso conto di quanto tempo ho

sprecato. Il club mi ha cambiato la vita, non ho più assaggiato una goccia d'alcol». A 61 anni Gabriele ha vinto la

dipendenza e ha appena frequentato il corso di servitore-insegnante per offrire agli altri un pezzo del suo cammino. Nei club

si educa a uno stile di vita differente, lontano non solo dall'abuso di alcolici. Si impara la cultura dell'ascolto e della

condivisione comune: «Sono entrato a far parte di questo ambiente per stare vicino a mia moglie. L'ho fatto per lei e con

lei, senza sapere, però, che lo stavo facendo anche per me. Qui dentro trovi ancora persone pazienti, disposte ad ascoltarti

e capaci di farsi ascoltare. Non c'è soltanto l'alcol nei club; anzi non c'è proprio. Siamo una famiglia, è come stare a

casa».
Vittorio è forte delle sue conquiste e di quelle della sua compagna. Lei si chiama Rita: «Bevevo, già che bevevo. Lo facevo

da sola, di nascosto. Gli ultimi tre mesi non andavo nemmeno più a lavorare per restare a casa a bere». Gli occhi non

riescono a ingannare la sofferenza che l'alcol-dipendenza ha portato nella sua vita: «All'inizio andavo al club sperando di

non incontrare nessuno; mi inventavo le strade più diverse per evitare di incrociare uno sguardo amico di cui mi sarei

vergognata troppo». Gli altri, a volte, funzionano da specchio; il confronto limita nel tempo l'imbarazzo e consegna un

futuro più nobile a cui pensare: «Oro do il mio esempio non bevendo. L'alcol viene abolito totalmente dallo stile di vita che

si apprende nei club, dove attraverso il dialogo con famiglie che vivono il tuo stesso problema si riescono a trovare nuove

abitudini quotidiane, certamente più sobrie e più sane».
Rita sa che la tentazione rimane una nuvoletta da scacciare con l'aiuto delle parole. Un amico vicino ad ascoltarle e a farne

il tesoro di una notte di fine e inizio anno.