Autolesionismo: analisi di un fenomeno in preoccupante crescita
Autolesionismo: lo fa più di un quinto delle adolescenti nel Regno Unito
Il 22% delle ragazze e il 9% dei ragazzi si è ferito di proposito. Una ricerca anche in Italia
di MARIA TERESA BRADASCIO
UNA LAMETTA, un coltello, un semplice temperino o una lattina usata. L’obiettivo è sempre lo stesso: ferirsi. Tagliarsi è, forse, il comportamento più diffuso, ma c’è anche chi preferisce piccole ustioni e graffi. L’autolesionismo è un fenomeno in crescita da non sottovalutare. Nel Regno Unito, più di un quinto delle ragazze di 14 anni ha affermato di essersi ferita da sola volontoriamente. È ciò che emerge dall’ultimo Report della Children’s Society, che ha analizzato i dati sull’autolesionismo raccolti nel Millennium Cohort Study, un progetto di ricerca continuo che segue la vita di 19.000 adolescenti nati nel Regno Unito tra il 2000 e il 2001. Più di 11.000 hanno risposto a un questionario che voleva indagare proprio questo fenomeno. Delle 5.624 ragazze che hanno partecipato al sondaggio, più di 1.000 hanno dichiarato di essersi auto-ferite nell’anno precedente al questionario. Dunque, più di un quinto. Basti pensare che dal 1997 al 2017 il numero di ricoveri ospedalieri di ragazze per autolesionismo è quasi raddoppiato.
Tra coloro che erano attratti da persone dello stesso sesso o di entrambi i sessi, i tassi di autolesionismo sono stati i peggiori (46%). Depressione, bullismo, abuso emotivo, lutto o problemi relazionali con i familiari o gli amici: questi i motivi più comuni alla base della pratica. “Gli stereotipi di genere e le preoccupazioni relative al proprio aspetto fisico, soprattutto per quanto riguarda le ragazze, potrebbero essere fattori collegati all’infelicità”, afferma Matthew Reed, amministratore delegato della Children’s Society.
• LA SITUAZIONE IN ITALIA
Secondo una ricerca promossa dalla Società italiana di pediatria e dal ministero dell’Istruzione (Miur), anche in Italia la situazione è preoccupante. La ricerca è stata condotta in collaborazione con gli uffici scolastici regionali che hanno invitato gli studenti e le studentesse a rispondere a un questionario informatizzato. A rispondere sono stati più di 10.000 ragazzi e ragazze, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, provenienti da tutte le regioni italiane. È emerso che l’80% dei ragazzi ha vissuto un disagio psichico e oltre la metà degli intervistati dichiara di essere stato così male da non riuscire a trovare sollievo. Per quanto riguarda nello specifico l’autolesionismo, il 15% afferma di averlo praticato.
“In questo studio non è evidenziato il dato di genere, ma nella maggior parte della letteratura scientifica internazionale e anche nelle ricerche di osservatori privati italiani, si osserva una prevalenza di genere: le ragazze sono più esposte a questo fenomeno rispetto ai ragazzi”, afferma la dottoressa Vera Cuzzocrea, psicoterapeuta dell’Ordine degli psicologi del Lazio, esperta in psicologia giuridica.
• COME SCOPRIRE IL FENOMENO
In che modo si scopre questo fenomeno? In alcuni casi, l’adolescente si reca in pronto soccorso, ma questo sicuramente è un dato sottostimato, perché accade raramente. I sondaggi, invece, come quelli somministrati appunto in questa ricerca, cercano di raccogliere dati soggettivi e “come in tutti i casi di auto-sondaggio, il dato può essere, in un certo senso, sovrastimato”, fa notare la dottoressa. In ogni caso, il fenomeno esiste, è largamente diffuso, ed è legato a un forte senso di incapacità di reagire a un momento di disagio.
“Si tratta di una strategia disfunzionale; in alcuni casi è proprio un modo per trasformare quella sofferenza emotiva, che non riescono a gestire, in sofferenza fisica. Una sorta di risposta al disagio attraverso cui i ragazzi, ma soprattutto le ragazze, si procurano sollievo. Il taglio è la modalità più diffusa e, spesso, le parti del corpo colpite sono quelle non visibili, come per esempio le cosce - aggiunge Cuzzocrea - nella mia esperienza clinica le ragazze erano quasi stupite del fatto che nessuno dei familiari avesse notato qualcosa. Tagliarsi o ferirsi può anche essere un modo per comunicare qualcosa agli altri. E va considerato un comportamento a rischio rispetto al quale la famiglia in primis, ma anche la scuola, dovrebbero intercettare i primi segnali d’allarme”.
“È diventata rapidamente un'ossessione. Ho mentito più volte a coloro che si preoccupavano per me - racconta una ragazza di 18 anni che aveva iniziato a praticare l’autolesionismo a 12 - ma il supporto professionale mi ha aiutata a smettere”. A volte, sono i genitori che chiedono aiuto allo specialista, ma spesso è proprio durante una terapia, iniziata per altri motivi, che la ragazza riferisce per la prima volta questo comportamento di autolesionismo. “Sicuramente non si può generalizzare, perché ogni caso va indagato singolarmente, ma in linea generale questa pratica è indice di un’esperienza negativa che non si sa fronteggiare o un disagio a cui si cerca in qualche modo di dare una risposta”, afferma la psicoterapeuta.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/09/10/news/autolesionismo_piu_di_un_quinto_delle_adolescenti_nel_regno_unito_lo_praticano-205807855/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)