338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Cannabis ed epilessia: 9 cose da sapere

Cannabis ed epilessia: 9 cose da sapere

CANNABIS ED EPILESSIA: 9 COSE DA SAPERE
Un particolare estratto della pianta parrebbe in grado di ridurre le crisi in alcuni pazienti. Ecco i risultati degli ultimi studi appena presentati


1. L'olio di Charlotte

Da anni si parla dei possibili effetti benefici della cannabis sulle crisi epilettiche, ma un concreto passo avanti è stato fatto solo grazie al caso di Charlotte Figi, bambina americana di 5 anni affetta da Sindrome di Dravet, "una forma estremamente grave di epilessia", spiega Antonino Romeo, direttore della struttura complessa di Neurologia Pediatrica e Centro regionale per l'epilessia dell'ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano. "Esordisce nel primo anno di vita, è resistente ai farmaci ed è associata a problematiche neurologiche e cognitive molto severe ". L'unica fortuna di Charlotte è stata quella di vivere in Colorado, dove l'uso della cannabis è stato liberalizzato. Dopo molte ricerche i genitori sono riusciti a trovare un produttore che coltivava il tipo di cannabis adatta all'uso terapeutico: con un alto contenuto di cannabidiolo (CBD) e un bassissimo contenuto di tertraidrocannabinolo THC, la sostanza chimica che causa lo stordimento. Ne è stato prodotto un olio, poi ribattezzato olio di Charlotte, che ha avuto sulla bambina un effetto straordinario. Oltre a riprendere a camminare e a cominciare a parlare, cosa che fino ad allora le era impossibile, Charlotte, racconta sua madre, grazie all'olio derivato dalla cannabis "in un anno ha avuto meno attacchi di quanti un tempo ne aveva in un giorno".

 

2. Gli effetti della cannabis

"Gli estratti della cannabis", spiega Romeo, intervistato da Panorama.it, "hanno una serie di effetti positivi. In commercio per il momento esiste un solo farmaco a base di estratti naturali, il Sativex, usato per lenire i dolori nei pazienti affetti da sclerosi multipla, ma ha un'alta concentrazione di THC. Sugli animali si è visto che il cannabidiolo e un altro derivato non psicoattivo della cannabis, la cannabidivarina, potevano avere effetti positivi sulle crisi epilettiche".

 

3. Uso sperimentale e trial clinici

A partire dal caso di Charlotte sono cominciate negli Stati Uniti una serie di situazioni sperimentali: persone che hanno provato a usare l'estratto e ne hanno riportato i benefici. Si trattava però di "situazioni aneddotiche non di veri trial clinici", spiega Romeo. "Alcuni genitori di figli con Sindrome di Dravet hanno cominciato a far girare informazioni sulla grande riduzione delle crisi epilettiche ottenuta usando olii artigianali prodotti da laboratori diversi e a un certo punto hanno interessato i clinici dell'Università di Stanford", racconta a Panorama.it Simona Borroni, presidente dell'Associazione Famiglie Dravet. "A questo punto", prosegue, "una casa farmaceutica inglese ha prodotto un vero farmaco, uno sciroppo a base di Cannabis Sativa e ha cominciato a condurre studi osservazionali negli Usa con un certo numero di pazienti. Sono emersi risultati incoraggianti, per cui si è passati a veri trial clinici, cioè all'osservazione degli effetti del farmaco seguendo determinati protocolli".

 

4. Le cure attuali

"Attualmente la cura dell'epilessia si basa su farmaci antiepilettici il cui uso deve essere adattato alle diverse forme di epilessia e alla storia personale del paziente, sia esso bambino, adolescente o adulto", racconta Romeo. "Nell’ambito delle epilessie focali (cioè quelle che originano da una determinata area del cervello) almeno il 25% dei pazienti risulta resistente alle terapie mediche disponibili; in questi casi, quando è possibile si deve attuare un percorso chirurgico che consiste nella definizione della zona epilettogena (la regione della corteccia cerebrale da cui originano e si diffondono le scariche critiche) e dalla sua rimozione. Una parte di questi pazienti purtroppo non può essere sottoposta a intervento di chirurgia resettiva, perché le crisi originano da più zone del cervello oppure per il rischio di procurare danni neurologici molto rilevanti e permanenti. In queste situazioni e in altre forme di epilessie farmacoresistenti, possono essere proponibili terapie alternative, che hanno lo scopo di diminuire le crisi. La più importante di queste”, continua Romeo, “è la stimolazione vagale (tramite un pace-maker sottocutaneo, posto a lato del collo, vengono inviati degli impulsi al nervo vago, che tendono a diminuire la frequenza delle scariche elettriche del cervello), che può consentire in una percentuale di casi considerevole una riduzione più o meno rilevante delle crisi, con conseguente miglioramento della qualità di vita. Altre opzioni terapeutiche consistono nelle diete, di cui la più conosciuta è la dieta chetogenica classica, che va fatta sotto la supervisione di un neurologo e di un dietista esperto nella sua gestione. Essa si basa su un regime nutrizionale contenente un’elevata percentuale di grassi e una ridotta quota di proteine e carboidrati: si instaura uno stato di chetosi, simile a quello provocato dal digiuno, così il metabolismo utilizza i grassi invece del glucosio come fonte energetica e questo dovrebbe far diminuire le crisi". Non sempre però tutte queste opzioni terapeutiche risultano efficaci per molti pazienti affetti da forme di epilessie farmacoresistenti.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.panorama.it/scienza/salute/cannabis-ed-epilessia-9-cose-sapere/#gallery-0=slide-5


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)