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Danni cerebrali da cannabis: evidenze scientifiche

Danni cerebrali da cannabis: evidenze scientifiche

I DANNI CEREBRALI PROVOCATI DALLA CANNABIS. EVIDENZE SCIENTIFICHE.

I seguenti dati sono riferiti agli studi scientifici tramite l’osservazione di Risonanza Magnetica (RM) sul cervello di adolescenti consumatori abituali di cannabis e su giovani adulti, cronici consumatori di cannabis fin dalla loro adolescenza. Tutte le ricerche oggi documentate convergono rispetto all’evidenza che un consumo costante e continuo nel tempo di cannabis provoca, nelle sensibili cellule nervose di un adolescente il cui cervello è in piena fase di sviluppo fino ad almeno i 21 anni, dei danni neuropsicologici anche irreversibili. Il delicato sistema nervoso centrale del giovane, sottoposto ad una costante ed alterata stimolazione da parte delle componenti tossiche presenti nella marijuana, va incontro ad un vero e proprio scardinamento dei processi neurologici di maturazione, con conseguenze anche gravi rispetto all’alterazione delle funzioni cognitive e percettive (NIDA – National Institute on Drugs Abuse, 2008). Ma visioniamo insieme le immagini che comparano un cervello sano rispetto ad un cervello della stessa età che ha fatto un uso cronico di cannabis. Tramite la tecnica SPECT, in cui si utilizzano isotopi ad emissione di raggi gamma, emergono le seguenti evidenze.


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Lopez-Larson e collaboratori (2011) hanno pubblicato uno dei primi studi che ha confrontato lo spessore corticale di un gruppo di adolescenti con uso abituale di cannabis rispetto ad un gruppo di non consumatori della sostanza. Rispetto ai non consumatori, i ragazzi che consumavano marijuana mostravano un ridotto spessore corticale nella corteccia frontale media caudale destra, nell’insula bilaterale e in entrambe le cortecce frontali superiori. I consumatori di marijuana presentavano inoltre un maggior spessore corticale nel giro linguale bilaterale, nella corteccia temporale superiore destra, nella regione parietale inferiore destra e paracentrale sinistra. L’aumentato spessore corticale in queste regioni corrisponde a un ritardato o mancato sfoltimento delle sinapsi neuronali meno forti, processo che normalmente avviene durante la crescita cerebrale per consolidamento delle sinapsi più utilizzate. È stato inoltre riscontrato che l’età d’inizio d’uso cronico della sostanza correla con l’alterato sviluppo della sostanza grigia cerebrale nel lobo frontale.


I risultati di questo studio sono coerenti con quelli di studi precedenti che hanno documentato anomalie nelle regioni prefrontale e insulare. Una riduzione dello spessore nell’insula potrebbe rappresentare un marcatore biologico di aumentato rischio futuro per lo sviluppo di dipendenza da stupefacenti. “L’uso prolungato di cannabis in adolescenza o nella prima età adulta risulta pericoloso per la materia bianca del cervello”, lo ribadiscono Zalesky e colleghi (2012) del Melbourne Neuropsychiatry Centre. Lo scopo di questa ricerca era esaminare le vie delle fibre assonali dell’intero cervello per studiare i cambiamenti microstrutturali connessi all’uso prolungato di cannabis e per verificare se l’età di inizio d’uso regolare di cannabis fosse associata alla gravità di queste alterazioni. Tutti i consumatori di cannabis avevano fatto uso regolare della sostanza durante l’adolescenza o la prima età adulta, periodi in cui è ancora in corso lo sviluppo della materia bianca e i recettori dei cannabinoidi risultano abbondanti proprio nelle vie della sostanza bianca.


Dai dati è emerso che la connettività assonale risulta compromessa nella fimbria destra dell’ippocampo (fornice), nello splenio del corpo calloso e nelle fibre commissurali che si estendono fino al precuneo. In queste vie, l’analisi della diffusività radiale e assiale, che rappresentano una misura dell’integrità microstrutturale, ha evidenziato un’associazione tra la gravità delle alterazioni riscontrate e l’età in cui ha avuto inizio l’uso regolare di cannabis. I risultati, quindi, indicano che l’uso precoce e prolungato di cannabis è particolarmente pericoloso per la materia bianca del cervello in fase di sviluppo, portando ad alterazioni della connettività cerebrale che potrebbero essere alla base dei deficit cognitivi e della vulnerabilità ai disturbi psicotici e schizofrenia, ai disturbi depressivi e d’ansia. Gli utilizzatori di cannabis che sviluppano psicosi acuta non sono rari (Kolansky e More; Altman e Evenson; Knight; Thomas); inoltre, i sintomi psicotici che si manifestano negli utilizzatori, risultano più frequenti che nei non utilizzatori (Degenhardt; Thien and Anthony; Verdoux Ferdinand; Thomas; Fergusson; Stefanis). E ancora, altre osservazioni tramite RM (Mata et al., 2010) hanno evidenziato che il consumo prolungato di cannabis rallentata la formazione dei giri e dei solchi del cervello, o addirittura, sembra distruggere il suo normale processo evolutivo.


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Fabio Settipani

Psicologo – Psicoterapeuta


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.alqamah.it/2016/02/28/i-danni-cerebrali-provocati-dalla-cannabis-evidenze-scientifiche/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)