Depenalizzazione cannabis. Quattro domande al professor Michel Reynaud
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Depenalizzazione cannabis. Quattro domande al professor Michel Reynaud
Il dibattito sulla depenalizzazione della cannabis in Francia e' stato acceso durante l'estate: dichiarazioni buttate la', prese di posizione da trincea, talvolta impregnate di ideologia e argomenti (in un verso o nell'altro) piu' sostanziosi. Jim.fr (Journal International de medecine), dedicato ai professionisti della sanita', ha intervistato il professor Michel Reynaud, capo del dipartimento di psichiatria e dipendenze presso l'ospedale universitario Paul Brousse, presidente del "Collège universitaire national des enseignants d'addictologie" (Collegio universitario nazionale degli insegnanti sulle dipendenze). Senza nascondere i danni della cannabis per alcuni consumatori, Reynaud si sofferma sulle conseguenze positive di una depenalizzazione della cannabis soprattutto in ambito medico. Nel contempo egli e' convinto che la societa' oggi non e' pronta verso un tale orientamento e che un grande lavoro di preparazione sarebbe necessario, soprattutto perche' emerga una migliore conoscenza sulla pericolosita' delle droghe legali e illegali, conoscenza che oggi sembra del tutto deficitaria.
JIM. Secondo lei, quali sarebbero, per la sanita' pubblica, le conseguenze positive o negative di una depenalizzazione della cannabis?
Professore Michel Reynaud. Non credo che qualcuno lo possa dire nell'ambito della sanita' pubblica, poiche' non si conosce quale sarebbe il consumo se il prodotto fosse depenalizzato e regolamentato. Poiche' non si tratterebbe solo di avere una depenalizzazione con una vendita nei grandi magazzini, ma piuttosto un controllo di Stato sulla qualita' del prodotto (essenzialmente sulla quantita' di THC). Di conseguenza, questa depenalizzazione dovrebbe essere seguita da un serie di divieti che dovrebbero essere al minimo gli stessi che vengono imposti all'alcool (divieto per i minori di 18 anni, divieto del consumo per chi guida un mezzo, etc.). Ci sarebbe quindi da pensare a tutto cio', ma non si sa quale impatto questo avrebbe sul livello del consumo. Le conseguenze sarebbero essenzialmente in termini di sicurezza pubblica e di uso medico.
Conseguenza indiretta: ricordare la vera pericolosita' di tabacco e alcool
Per quanto riguarda l'uso medico, il divieto, le incriminazione e le incarcerazioni legati al consumo -vedi l'uso e la rivendita- creano difficolta' sociali e non ne facilitano questo uso. Per questo, il divieto cosi' come e' stato dimostrato da uno studio che noi abbiamo fatto sulle conseguenze sociali, provoca una sovrastima (in rapporto a quella degli esperti) sulla pericolosita' del prodotto. Un'indagine francese e' stata realizzata in materia, e degli esperti internazionali ne hanno utilizzato i risultati che sono stati pubblicati sulla rivista Lancet, e queste conclusioni sono state anche prese in "Addictions", dopo che il medesimo studio era stato pubblicato sempre in "Addictions". Questi diversi studi confermano che la classificazione sulla pericolosita' dei prodotti e' la medesima per tutti gli esperti. I consumatori, per la loro parte, hanno una classificazione simile a quella degli esperti. Al contrario, nella gente comune, la pericolosita' dei prodotti illegali e' nettamente sopravvalutata, tra il 30 e il 50%. Questo vuol dire che di fatto risulta una sottovalutazione della pericolosita' delle droghe legali, piu' che altro dell'alcool. Le informazioni attuali sono talmente concentrate sul pericolo dei prodotti illegali che di fatto si crea una falsa percezione dei prodotti molto piu' pericolosi, come tabacco e alcool. Questo, come conseguenza sulla sanita' pubblica, puo' darsi che faccia emergere una percezione piu' giusta della pericolosita' di tabacco e alcool.
Nessun aumento sui casi di schizofrenia negli ultimi 15 anni malgrado il consumo sia triplicato
Sulla questione della sicurezza pubblica, noi siamo meno competenti ed e' un dibattito che andrebbe fatto con gli esperti di questo settore. Si possono interrompere le reti mafiose, e tutto quello che alimenta l'economia parallela? La domanda rimane. Rimane comunque certo che la legge che penalizza l'uso della cannabis non ha per niente impedito l'aumento del consumo. Il fatto di aver intensificato la criminalizzazione dal 2007, non ha di conseguenza fatto diminuire il consumo presso i giovani. Ci sono infine degli studi fatti in diversi Paesi che mostrano che non c'e' legame tra la severita' della legge e le quantita' consumate.
JIM. Nella sua pratica clinica, ha avuto esperienza di turbamenti psichici associati al consumo di cannabis?
Professor Michel Reynard. Si', molto distintamente. Questo aggrava la schizofrenia.. Ci sono discussioni di esperti che perorano un aumento del rischio di comparsa della schizofrenia, ma e' un argomento moderato che e' lo stesso che viene associato all'avere famiglie problematiche. Per cui, se il consumo di cannabis e triplicato in questi ultimi quindici anni in tutto il mondo, non si e' avuto parallelamente un aumento del numero delle schizofrenie.
Malattie cardiovascolari, rischi polmonari, turbe depressive...
Detto questo, possiamo ricordare rapidamente i pericoli della cannabis per la salute, pericoli che sono ben conosciuti. I piu' frequenti sono disturbi motivazionali e di integrazione sociale, attraverso un rallentamento e un disinteresse psichico, che si evidenzia con difficolta' di integrazione scolare, professionale e universitaria. In seguito, lo abbiamo gia' detto, c'e un aumento del rischio di schizofrenia presso quei soggetti che hanno una vulnerabilita' preesistente. Ci sono rischi cardiovascolari, rischi polmonari, e anche disturbi ansiogeni e depressivi. I pericoli di incidenti sulla strada, infine, sono equivalenti a quelli dovuti all'alcool legale.
JIM. Qual e' la sua opinione in merito alle proposte intermedie tra la totale repressione e la totale liberalizzazione, che portano per esempio a trasformare il delitto penale attuale in contravvenzione, continuando a considerare criminale il traffico?
Professor Michel Reynaud. Io credo che la scelta sociale si debba fare tra contravvenzione e regolazione. Ma la societa' non e' assolutamente pronta a questo. Gli studi realizzati sull'immagine diffusa dei prodotti mostra ancora che il punto di vista di chi non consuma questi prodotti ha una molto grande paura degli stessi e impegnarsi senza una spiegazione sociale, senza le lunghe discussioni parlamentari e mediatiche, da' la certezza di una sconfitta. Oggi, i giornalisti vogliono sapere solo una cosa, se si e' per o contro la depenalizzazione, e al momento non si puo' che essere contro. Finche' non avremo avuto dei cambiamenti sull'immagine pubblica, non vale la pena di forzare una societa'.
JIM. Quali sono oggi i metodi proposti per un sostegno?
Professor Michel Reynaud. Esistono diversi metodi, che sono strategie psicoterapeutiche molto classiche di trattamento delle dipendenze, basate su valutazioni di consumo, con l'obietto della diminuzione. Presso i giovani, essenzialmente quelli accolti nei consultori dei giovani consumatori, perfettamente abituati a questo tipo di sostegno, occorre sempre fare parallelamente un lavoro famigliare.
Gli approcci terapeutici interessanti
Si pone ugualmente il problema dei trattamenti sostitutivi, ma noi non ci siamo. Infine, attiro la vostra attenzione su un documento interessante che sta per uscire sulla N-acétylcystéine (Mucomyst), gia' utilizzato nella cocaina e che mostra con una "odd ratio" (ndr. indici utilizzati per definire il rapporto di causa-effetto tra due fattori, per esempio tra un fattore di rischio e una malattia) di piu' di 2, tra 27 e 40% di astinenza di otto settimane presso i pazienti trattati con N-acétylcystéine. Ci sono quindi alcuni approcci terapeutici ma sono molto difficili, poiche' se il prodotto e' vietato, e' difficile farci delle ricerche.
Oggi, una delle sfide è l'identificazione dei giovani consumatori, intervenendo piu' vicini alle comunita' giovanili, con la consapevolezza che si tratta spesso di consumatori problematici, con poli-consumi comprendenti essenzialmente l'alcool.
Intervista di Aurélie Haroche
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)