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Journal of Leukocyte Biology: cannabis in adolescenza, sistema immunitario a rischio nell'età adulta

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Cannabis in adolescenza, sistema immunitario a rischio nell'età adulta

Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Journal of Leukocyte Biology e condotta da un team di ricercatori italiani guidati da Paola Sacerdote dell’Università di Milano, ha scoperto che l’assunzione di cannabis in adolescenza può influenzare lo sviluppo del sistema immunitario. L’effetto sarebbe la produzione di danni gravi che a lungo termine potrebbero condurre a malattie autoimmuni o infiammatorie croniche in età adulta, come ad esempio la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, infiammazioni dell’intestino.

La ricerca, supportata dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri in Italia, è stata condotta su modello animale – topi – esposti per dieci giorni nella fase adolescenziale, a dosi crescenti di THC (principio attivo presente nella cannabis), simulando l’uso abituale della sostanza.


Alla fine del trattamento gli animali - incluso un gruppo di controllo trattato con placebo - sono stati lasciati indisturbati per circa due mesi, fino al raggiungimento della piena maturità. L’attività del sistema immunitario è stata valutata misurando la capacità dei leucociti di produrre citochine per la risposta anticorpale o la capacità dei macrofagi di fagocitare particelle.

Nel gruppo di topi trattati con il THC durante l'adolescenza, sono state osservate gravi alterazioni della risposta immunitaria in età adulta, caratterizzata da attività pro-infiammatoria e citotossica, a differenza del noto effetto anti-infiammatorio del THC osservato nel breve termine. "Spero – ha detto Paola Sacerdote in una nota stampa - che la conoscenza che l'esposizione precoce alla marijuana è associata a effetti deleteri immediati e a lungo termine sul sistema immunitario possa raggiungere gli adolescenti e le loro famiglie".

Il sistema immunitario è caratterizzato dalla capacità di 'ricordare' le esposizioni precedenti a fattori esterni, pertanto qualsiasi alterazione durante il periodo di sviluppo del sistema immunitario, soprattutto nelle prime fasi di vita, può dunque avere importanti conseguenze a lungo termine.

Gli autori ricordano tuttavia che la traslazione dei risultati dall’animale all’uomo va fatta con cautela anche alla luce delle differenze funzionali tra recettori cannabinoidi umani e dei roditori.

 I risultati dello studio, evidenzia l’editoriale pubblicato sulla stessa rivista, pongono comunque dei quesiti sulle possibili implicazioni delle terapie a base di cannabinoidi per il trattamento delle malattie infiammatorie autoimmuni o croniche.

http://www.dronet.org/comunicazioni/res_news.php?id=3176

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)