La cannabis provoca la depressione?
La cannabis provoca la depressione?
Alcuni studiosi si sono chiesti, ultimamente, se la cannabis, al netto di questo senso di pace, non sia all’origine di effetti collaterali preoccupanti, che dovrebbero indurre a limitarne il consumo. In particolare, una ricerca si è posta una domanda: la cannabis provoca la depressione?
Il lavoro degli studiosi ha cercato di rispondere a questo quesito e ci è riuscito. Vediamo in che modo. Non prima di avervi spiegato tutto quello che è importante sapere sul consumo di cannabis, dal punto di vista degli effetti sulla salute umana. Se, invece, vi interessa di più approfondire l’aspetto legale potete leggere questo nostro articolo: “La marijuana è legale?“.
Cos’è la cannabis
Quando parliamo di «cannabis» è come se alludessimo a una specie di grande insieme che contiene una serie di sostanze. La cannabis sativa, infatti, è la pianta da cui derivano molte sostanze psicoattive. Una delle sue varietà è la canapa. Tra queste sostanze, le più note sono l’hashish (derivata dalla resina prodotta dalle infiorescenze femminili della pianta) e la marijuana (foglie, fiori e parte del gambo della pianta, fatti essiccare). I derivati della cannabis possono essere ingeriti, inalati o fumati.
Il tetraidrocannabinolo o thc è il principio attivo responsabile delle proprietà psicoattive della cannabis. In pratica, quando parliamo di thc intendiamo la cosiddetta «sostanza drogante». Il cannabidiolo o cbd, al contrario, è uno degli oltre cento composti organici presenti nelle piante di canapa che, diversamente dal thc, non è tossico, non dà assuefazione, né effetti inebrianti. È la seconda sostanza più presente nella cannabis, dopo il thc.
L’Istituto superiore di sanità (Iss) ritiene che circa il 10% di chi la usa sviluppi una dipendenza.
Usi terapeutici
Come si legge su un approfondimento Iss, «in Italia, dal 2006, l’uso della pianta, sotto forma di preparazioni farmaceutiche magistrali, è legale per alleviare i disturbi di alcune gravi malattie. Tuttavia, l’utilizzo terapeutico continua ancora a essere dibattuto poiché le evidenze scientifiche sono estremamente frammentate e non si dispone di dati comparabili tra loro».
Molte le patologie per le quali viene prescritta: dalla sclerosi multipla, allo scopo di alleviare il dolore, alle lesioni del midollo spinale, ma anche per trattare dolori cronici, sindrome di Tourette, glaucomi, nausea da chemioterapia, radioterapia, anoressia e perdita di peso drastica nei pazienti malati di Aids, disturbi del sonno. Ha proprietà analgesiche e antidolorifiche, ma anche ansiolitiche, specie se assunta in dosi massicce.
La sensazione di piacere
Quel relax diffuso che il consumo di cannabis provoca non è apparenza o leggenda metropolitana. È uno degli effetti documentati della cannabis, scientificamente provato e spiegato con il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che veicola le sensazioni di piacere e ricompensa nel cervello.
Il rilascio di dopamina avviene non solo quando si consuma cannabis, ma anche quando si fa sesso o si mangia del buon cibo. Tuttavia anche da questo punto di vista possono sorgere effetti indesiderati. Secondo alcuni studi, infatti, chi ha una dipendenza da cannabinoidi può andare incontro a un danneggiamento del sistema dopaminergico.
Questo significa che la dopamina viene prodotta lo stesso, ma non si registrano le sensazioni tipiche del piacere associato al suo rilascio, come l’euforia o l’accelerazione del battito cardiaco. La conseguenza è una riduzione della sensazione di piacere ma anche, indirettamente ed eventualmente, una maggiore spinta al consumo di cannabinoidi, alla ricerca del piacere perduto [1].
Cannabis e depressione
Il legame tra cannabis e depressione è di due tipi, come documenta una ricerca della Columbus University di New York che ha esaminato 16mila persone, depresse e non che, tra il 2005 e il 2016, hanno consumato derivati della cannabis.
Da un lato, tante persone depresse sono spinte al consumo proprio pensando che l’uso di sostanze possa aiutare a rilassarle e, quindi, alleviare i propri pensieri negativi. Negli Stati Uniti, per esempio, si è assistito a un’escalation di consumi (+98% uso sporadico; +40% uso quotidiano negli ultimi vent’anni), con un paziente su quattro che ammette di averla voluta provare a titolo di «automedicazione». Dall’altro lato, si registra un peggioramento dei sintomi della depressione.
Secondo i dati a disposizione dell’Iss, soprattutto «l’abuso della sostanza è associato anche alla comparsa di problemi psichici come ansia, depressione, pensieri di suicidio negli adolescenti o disturbi tipici della schizofrenia (come le allucinazioni e il distacco dalla realtà). Questi disturbi possono essere passeggeri ma la cannabis può peggiorare l’andamento di una malattia psichica o anticiparne la comparsa in persone già predisposte». Va da sé, quindi, che, in base alle evidenze scientifiche di cui si dispone attualmente, la risposta alla domanda di cui sopra è: sì, la cannabis può provocare la depressione.
Altri effetti negativi
Sempre l’Iss annovera tra gli effetti indesiderati dell’assunzione di cannabis, la riduzione della memoria e dei riflessi, la diminuzione della capacità di pensiero e di soluzione dei problemi, l’alterazione della coordinazione dei movimenti, del senso del tempo, della percezione dei colori o dei suoni, dell’umore. Ne risente anche la concentrazione al volante, fino a 24 ore dopo averla fumata.
Allucinazioni, ansia, psicosi e, appunto, anche depressione, come dicevamo sopra, possono interessare chi consuma cannabis in dosi massicce.
(...omissis...)(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)