Le dipendenze e le professioni sanitarie: una sfida ancora aperta
Le dipendenze e le professioni sanitarie: una sfida ancora aperta
La situazione della diffusione delle dipendenze, sia quella dalle tantissime sostanze sia quella altrettanto diffusa da comportamenti, è realmente drammatica. Se ne parla poco e male e la politica, così come molti mass media, oscillano su posizioni ideologiche più che metodologicamente fondate (proibizionismo, legalizzazione, ecc.) e con prospettive scarsamente lungimiranti. L’emergenza SARS-CoV-2 rischia di far trascurare ancor di più il fatto che nel frattempo le dipendenze continuano ad esistere radicandosi nella vita reale di fasce di popolazione sempre più giovani o addirittura adolescenziali. In Italia la gran parte della rete dei servizi, sia nel pubblico che nel privato sociale, continua a svolgere il proprio ruolo con appropriatezza anche se iniziano a vedersi le prime crepe in un sistema sanitario che la pandemia di Covid-19 ha messo terribilmente in crisi e se non si corre ai ripari con l’allocazione di risorse di personale formato, economiche, di spazi e attrezzature il sistema rischia di crollare.
Servizi territoriali per le dipendenze, c'è ancora molto da fare
Le vecchie sostanze non sono scomparse per magia e sono riemerse con tutta la loro drammaticità: l’uso di cocaina si è ampliato con effetti devastanti sul piano della salute degli assuntori e con danni correlati alle relazioni famigliari, sociali e lavorative; le stesse droghe una volta chiamate “leggere”, come la marijuana e l’hashish, continuano ad espandersi tra i giovani con la novità, che oramai si registra da anni, di un aumento continuo e consistente dei livelli dei principi attivi che ne elevano la capacità di colpire e danneggiare i sistemi neurovegetativi e comportamentali.
Le cosiddette nuove droghe sintetiche nelle loro diverse e sempre più numerose composizioni inondano il mercato del consumo di sostanze raggiungendo capillarmente il mondo giovanile e i luoghi di intrattenimento e di svago; i consumatori smodati di alcool e i cosiddetti poliassuntori di sostanze stanno diventando una realtà diffusa con cui bisogna fare i conti, consci del fatto che non si intravedono segni di allentamento, anzi la dipendenza multipla si amplia e si diffonde; le dipendenze comportamentali sono una diffusa realtà come ad esempio il gioco d’azzardo e altri disturbi legati al rapporto con il cibo e alla lesione del proprio corpo e della propria psiche.
In questo scenario complesso e articolato, dove è bene ricordare che da decenni vi lavorano molti operatori sociosanitari competenti e appassionati, le mafie e le organizzazioni criminali lucrano e capitalizzano affari da capogiro, condizionando vaste filiere dell’economia anche legale e la stessa vita istituzionale di interi paesi (si pensi ad esempio all’Afghanistan, alla Colombia, all’Indonesia, ecc.), facendo capolino nei più svariati teatri di guerra e di conflitti ancora aperti.
Nel tunnel delle dipendenze si entra purtroppo da diversi percorsi esistenziali e sociali e ci si può curare e guarire ricorrendo a diversi approcci terapeutici: non c’è una via di entrata obbligata e una via d’uscita sicura dalle dipendenze. Bisogna sempre più sforzarsi di riconoscere il pluralismo e la personalizzazione delle diagnosi e dei percorsi di cura per rendere il più rigoroso possibile il cammino terapeutico che di volta in volta bisogna impostare e implementare.
La definizione chiave che pertanto bisogna sempre più utilizzare per affrontare correttamente le sfide aperte delle dipendenze è integrazione progettuale tra i vari percorsi terapeutici, tra gli approcci farmacologici e quelli psico-terapeutici, tra pubblico e privato sociale, tra le diverse professionalità, tra famiglie e territori, tra le varie strategie di prevenzione, cura e riabilitazione.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)