Journal of Neurophysiology: meccanismi della dipendenza affettiva
Journal of Neurophysiology: meccanismi della dipendenza affettiva
Secondo uno studio americano pubblicato sul 'Journal of Neurophysiology', la rottura traumatica di una relazione sentimentale
lascia delle vere "ferite" e innesca dei meccanismi simili a quelli della tossicodipendenza. Ma il cuore non c'entra, tutto
avviene nel cervello
Un'immagine del film Se mi lasci ti cancello
A un certo punto tutto finisce, anche quegli amori intensi che all'inizio promettevano eterna felicità. Quando succede, c'è
sempre uno degli ex amanti che rivive il passato, dannandosi il cuore. Ed è disposto a tutto pur dimenticare. Proprio come il
protagonista di Se mi lasci ti cancello che, dopo una sofferenza d'amore, si sottopone alle cure di uno scienziato che ha
messo a punto una macchina in grado di eliminare tutti i ricordi di una storia finita. Ma, come nel film, l'esperimento non
sempre riesce, basta una fotografia infatti a riaprire la ferita. E la colpa è del cervello che, creando uno stato di
sofferenza nell'innamorato, lo rende ansioso e desiroso dell'altro a tal punto di essere capace di comportamenti ossessivi
tipici dei tossicodipendenti.
A spiegare questo meccanismo, un gruppo di ricercatori dell'Università di New York che, in uno studio pubblicato sul Journal
of Neurophysiology 1, rilevano: "Quando un innamorato ferito guarda la foto dell'amato che l'ha lasciato, il suo cervello
attiva intensamente aree legate al desiderio, alla dipendenza da droghe e al dolore". Insomma scatena una vera e propria
crisi di astinenza, per cui diventa difficile andare avanti senza l'oggetto del desiderio. Per arrivare a questi risultati, i
ricercatori, guidati Helen E. Fisher, hanno analizzato con la risonanza magnetica il cervello di 15 studenti di college,
dieci donne e cinque uomini, abbandonati da due mesi dal proprio amato, dopo un rapporto che durava da almeno due anni.
Bastava solo guardare in foto l'ex, o persone che gli assomigliassero, perché i volontari subissero delle "ferite" nel
cervello, corrispondenti ad alterazioni legate alle aree del piacere e della ricompensa, le stesse implicate nella dipendenza
da sostanze stupefacenti come la cocaina. In altre parole si attivavano diverse aree neurali: l'area "ventrale tegmentale",
che controlla motivazione o incentivo a fare qualcosa da cui trarre appagamento (area già nota per il suo coinvolgimento nei
sentimenti suscitati dall'amore romantico); il "nucleo accumbens" e le corteccie orbitofrontale e prefrontale, tutte zone
associate al desiderio e alla dipendenza; il sistema dopaminergico, cioè quello della dipendenza dalla cocaina; la corteccia
insulare e quella cingolata anteriore, associate a dolore fisico e stress.
"Abbiamo osservato un vero e proprio dolore fisico, che si manifesta nel tentativo di capire cosa è accaduto - spiega Fisher
- e può ricominciare anche molto tempo dopo l'addio''. Non solo. La scansione con la risonanza magnetica funzionale ha
rivelato che i ''cuori spezzati'' continuavano a tenere attive quelle zone cerebrali per molto tempo. Motivo per cui
l'innamorato resta tale anche dopo la rottura. E il suo amore diventa la droga che lo appaga. E così i neuroni del sistema
della ricompensa prolungano la loro attività.
E la rottura di una relazione diventa difficile da superare come la disintossicazione dalla cocaina e da altre droghe. Motivo
questo che spiegherebbe anche comportamenti ossessivi-compulsivi tipici degli amanti. "Proprio il meccanismo di dipendenza e
ricompensa - scrivono i ricercatori - spiega anche la nascita di sentimenti, legati a un rifiuto, difficili da controllare,
come lo stalking, l'omicidio e il suicidio, e la depressione associata al rifiuto e alla perdita di un amore".