Dipendenza affettiva, dipendenza da internet e altre trappole quotidiane...
DIPENDENZA AFFETTIVA, DIPENDENZA DA INTERNET E ALTRE TRAPPOLE QUOTIDIANE
Come riconoscere una dipendenza patologica?
Quando un legame si trasforma in dipendenza affettiva o quando possiamo l’uso di internet diventa una dipendenza da internet?
Come mai un comportamento quotidiano diventa una trappola da cui non riusciamo più a uscire?
L’ultima nata in “casa dipendenze” pareva essere la “selfite”: la dipendenza da autoscatto col cellulare.
Non riesci a smettere di farti foto e magari pure pubblicarle su internet?
Devi continuamente postare immagini su facebook, istagram & company?
Uno studio americano rivela che potresti essere affetto da selfite!
La notizia, poi rivelatasi una bufala inventata da un sito satirico statunitense, pareva tanto credibile da essere stata immediatamente ripresa da siti di informazione e telegiornali che annunciavano l’avvenuta classificazione dell’ennesima dipendenza patologica.
Anche una volta annunciata l’infondatezza della notizia, tanti hanno sollevato l’obbiezione che, se anche nessuno aveva realmente formalizzato l’esistenza di questo disturbo, era assolutamente necessario aprire una riflessione sul bisogno compulsivo degli adolescenti (solo loro??) di postare foto personali sui social network per ricevere conferme sulla propria immagine.
Questo aneddoto (che potrebbe a molti strappare anche un sorriso) offre l’occasione per aprire una riflessione in merito ad un tema che negli ultimi anni sta acquisendo sempre maggiore rilevanza nella letteratura scientifica e nella cultura popolare: il tema delle nuove dipendenze.
C’erano una volta i tossicodipendenti e gli alcolisti, e tutto finiva lì.
Il termine “dipendenza patologica” si associava esclusivamente a soggetti incapaci di astenersi dall’assunzione di una sostanza non vitale, ma addirittura con potenziali effetti letali sull’organismo.
Da alcuni anni le cose sono cambiate, con l’inclusione in questa categoria anche di comportamenti generalmente socialmente accettati (come il lavoro, il gioco, il sesso, ecc.) portati all’esasperazione da parte del soggetto, che finisce per compromettere la propria vita o alcuni ambiti di essa, per dedicarsi ad essi (Alonso Fernandez, Le altre droghe. Cibo sesso televisione acquisti gioco lavoro, Edizioni Univ. Romane, 1999).
Se per “i vecchi tossicodipendenti” l’astinenza dalle sostanze determinava la comparsa di sintomi di astinenza fisica, in questo caso l’interruzione forzata del comportamento a cui si è assuefatti, genererebbe ansia, irritabilità, insonnia, ecc.
Sono purtroppo drammaticamente noti gli effetti del gioco d’azzardo patologico su persone e famiglie, così come le ripercussioni negative di un uso eccessivo di internet e social network sulla vita di moltissime persone.
Facendo una carrellata veloce di alcune delle ultime dipendenze patologiche classificate, ci si rende conto di come potenzialmente ogni aspetto della vita della persona, nel momento in cui diviene esageratamente invasivo sugli altri, potrebbe finire per assumere una forma patologica: dipendenza da internet, da lavoro, dal sesso, dallo sport, da cellulare, da social network, shopping compulsivo, dipendenza da notizie, dal cibo, dal gioco d’azzardo, dipendenza affettiva, dipendenza da computer, da fitness…
Se una parte delle analisi effettuate in questo ambito paiono assumere talvolta tinte allarmistiche non sempre fondate (come la ricerca svolta nell’ambito del rapporto tra adolescenti e internet che segnalava che quasi il 70% degli ragazzi fosse “incapace di interrompere la fruizione da internet quando richiesto di farlo”, rispetto alla quale viene quantomeno da chiedersi “richiesto da chi?”) è vero che il fenomeno in alcuni casi può assumere forme complesse e maggiormente compromettenti la vita della persona (non solo adolescente).
Come giustamente rileva Cesare Guerreschi nel suo libro New Addictions (Guerreschi, 2005), questa impennata di forme di relazione patologica con comportamenti e oggetti di uso comune arriva concretizzarsi (non casualmente) proprio in un contesto sociale estremamente polarizzato sull’idea dell’indipendenza e dello svincolo da ogni relazione e legame “vincolante”.
Personalmente condivido l’idea che, quanto più siamo portati a stigmatizzare e rifuggire qualsiasi forma di dipendenza “bonaria”, cioè a contrastare anche abitudini sì rilevanti ma tutto sommato accettabili, non per una motivazione personale, ma perché giudicate dall’esterno eccessive, tanto più queste diventeranno invadenti ed avvinghianti.
Quanto più in un contesto viene valorizzata la dimensione dell’autonomia, tanto più tutto ciò che rimandi un’idea di dipendenza e vincolo potrebbe essere percepito come fastidioso e da rimuovere, quindi patologico.
Questo ci porta a quella che ritengo essere una dimensione-chiave per comprendere l’insorgenza di una determinata forma di dipendenza: le condizioni che rendono un comportamento o una cosa possibile oggetto di dipendenza sono determinate dal contesto relazionale e ambientale in cui la persona vive.
Il che non significa, ovviamente, che sono le persone attorno a far diventare una persona dipendente da internet, tanto per dire, ma che ciò che rende un determinato soggetto vulnerabile ad una determinata dipendenza si determina dal contesto relazionale nel quale si trova. Una dipendenza può infatti nascere come dichiarazione di indipendenza e differenza da qualcun altro, o al contrario venire inizialmente incoraggiata perché vista come una competizione positiva nella quale uno finisce per eccellere, finendo intrappolato.
Può essere quindi, tanto per fare un esempio, che una persona inizi a dedicarsi intensamente al fitness per differenziarsi da un contesto nel quale non esiste un particolare investimento nello sport. Questa differenza potrebbe essere contrastata dai familiari che, non condividendo questo aspetto della vita del loro congiunto, sarebbero portati a disincentivarlo o stigmatizzarlo. Più loro lo contrasterebbero, più la persona sarebbe portata ad attuarlo, fino a sfociare nella forma patologica.
Date le specificità di ogni determinata situazione non è possibile fare discorsi generali rispetto al contesto originario predisponente ad una determinata dipendenza patologica. È possibile però rilevare alcuni parametri che possono esserci utili per capire quando chiedere aiuto per gestire una situazione che sembra esserci sfuggita di mano nel rapporto con una determinata attività o comportamento.
La prima considerazione da fare riguarda l’attività oggetto di dipendenza: se è vero che è il contesto a determinare quale può essere scelta, è altrettanto vero che esistono notevoli differenze (almeno nelle fasi iniziali, prima che la situazione degeneri) nelle conseguenze di una dipendenza da gioco d’azzardo e una da internet, tra una dipendenza da fitness e una da shopping compulsivo.
È tuttavia altrettanto vero che le cosiddette “dipendenze benvestite”, cioè quelle che si mimetizzano meglio con le normali abitudini personali, vengono spesso individuate solo quando stroppano, cioè quando ormai hanno compromesso in modo irreparabile la vita della persona.
Un altro aspetto determinante è capire quando una passione personale sfocia nella patologia: ad ascoltare i genitori dei figli adolescenti il 90% di questi è dipendente da cellulare, ad ascoltare i ragazzi nessuno di loro lo è.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.psicologogallarate.com/dipendenza-affettiva-dipendenza-da-internet/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)