La mia dipendenza affettiva
LA MIA DIPENDENZA AFFETTIVA, LA MIA FRAGILITA'
Ci sono famiglie dalle quali i figli non si allontanano. Studiano vicino casa, trovano lavoro vicino, trovano persino la casa vicino ai genitori. Sono forse queste le famiglie di successo?
Che dire? bisogna vedere che strade percorrono i figli nel perseguimento dei loro desideri e delle opportunità di realizzazione.
Alcuni figli e alcune figlie invece, per motivi di studio o di lavoro, vanno via, lontano dalla famiglia di origine. Prendono il largo, lasciandosi alle spalle un letto vuoto, un posto a tavola vuoto, spazi vuoti nelle stanze, tanto silenzio dove risuonavano i loro passi o lo sbattere dello sportello del frigorifero per una incursione ai cibi pronti, e soprattutto lasciano vuoto il tempo dedicato alla loro cura. Niente più pasti da preparare, niente panni da lavare, tendere e stirare, niente letti da rifare e così via. La scia di disordine in casa a cui ci avevano abituati, provocando le nostre proteste e i nostri rimproveri, si estingue. Tutto è sempre dannatamente in ordine. Il tempo di cura diventa un tempo vuoto anch’esso come la casa.
Ogni separazione è un’esperienza spazio temporale che coinvolge il corpo, la mente, le emozioni.
Quando i figli se ne vanno sono le mamme, dedite ai compiti di cura, ad accusare il colpo. L’iniziale sollievo per la liberazione dai compiti di cura si trasforma presto in un tempo dell’assenza. Molte vivono la scissione tra l’ orgoglio per una figlia o un figlio che parte per confrontarsi con mondi nuovi e l’abisso della mancanza.
Si può crescere un figlio o una figlia in modo tale che non appartenga a noi ma al mondo. Li possiamo educare ad andare sempre più lontano ed insieme essere mamme chioccia? Si, si può. Allora la mancanza si trasformerà in una dolorosa vertigine simile ad un lutto da elaborare.
E poco ci consola l’averli educati bene al distacco.
Non che sia un obbligo questo allontanamento, ma si tratta di renderli in grado di andare, si tratta di aver trasmesso loro fiducia in se stessi al punto di sentirsi in forza per farlo. Devono poter contare sulla forza del proprio battito d’ali per spiccare il volo.
I figli se ne vanno lasciando un gran vuoto nel cuore di chi resta. Questo vuoto andrà comunque riempito in un modo o nell’altro. Ma a volte dalla mente e dai pensieri questo vuoto risucchierà apprensioni e paure e il cuore sarà colmo di cattivi presagi.
E’ il prezzo che i genitori pagano perché i figli sperimentino autonomia.
I figli devono essere autonomi. I figli devono andarsene di casa. I figli devono saper vivere lontano e cavarsela senza genitori. I figli devono percorrere la strada del loro desiderio anche se questo li porterà lontano dalle famiglie in cui sono cresciuti. I figli devono poter andare via.
I figli autonomi se ne vanno.
E non importa se alle madri e ai padri si spezza il cuore. I figli possono aver bisogno dei genitori ma i genitori non devono aver bisogno dei figli.
I figli autonomi ogni tanto, temporaneamente, ritornano.
E se il lutto della separazione è ancora una ferita aperta e non spenta e cicatrizzata, ogni arrivo è ancora dolore per l’inevitabile nuova separazione: “Preferirei tu non tornassi che rivederti partire” sono le parole che descrivono un pensiero taciuto al figlio.
Dolore. Un dolore che sembra non finire mai.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.insostanza.it/la-dipendenza-affettiva-2/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)