Disturbi alimentari: l'influenza delle nuove tecnologie
I disturbi del comportamento alimentare
Sono più di tre milioni gli italiani che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare (Dca) e quasi la totalità di loro sono giovani o giovanissimi. “Sono delle vere e proprie malattie psichiatriche- dice la dottoressa Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta- Negli ultimi anni si stanno diffondendo moltissimo, come fosse un’epidemia”.
Il pregiudizio nei confronti dei Dca
Quando insorgono, i disturbi del comportamento alimentare causano un’alterazione dello schema corporeo e portano il paziente a vedersi grasso anche quando è magrissimo. Una sorta di allucinazione perenne che non ha a che fare con mode o capricci.
Si tratta di vere e proprie malattie, che possono manifestarsi per i motivi più disparati, ma sono sempre legate a un disagio molto profondo dell’animo. Un paziente che si ammala di un disturbo del comportamento alimentare non riesce più a riconoscere e a gestire le proprie emozioni.
Così, per esprimersi, utilizza un diverso tipo di comunicazione, quella non verbale, che coinvolge il cibo e, di conseguenza, il corpo. Per questo la psicoterapia è fondamentale: quando il paziente inizia a lavorare sulle emozioni, migliora anche il suo modo di mangiare. Impara a distinguere il sintomo, legato al cibo, dal problema più profondo, legato invece ai sentimenti, che è quello che in effetti va risolto per poter guarire.
Le nuove patologie alimentari
“I disturbi del comportamento alimentare sono delle patologie mutanti- continua la dottoressa Dalla Ragione- perché cambiano e si adeguano allo spirito dei tempi. Ad esempio, oggi non riguardano più solo le donne, ma interessano anche gli uomini. Insorgono in persone sempre più giovani e si trasformano in patologie nuove, come l’ortoressia, che è l’ossessione del mangiare sano, o la drunkoressia, che è l’associazione fra l’abuso di alcool e il digiuno”.
La diffusione dei Dca nei siti Pro Anoressia
Non solo: queste patologie si sono evolute anche dal punto di vista della loro diffusione. E la tecnologia, in questo senso, le ha agevolate.
Intorno al 2002-03 sono comparsi in Italia i primi siti web pro anoressia, conosciuti come siti Pro Ana, nati negli Stati Uniti intorno alla fine degli Anni 90. Il loro primo sviluppo si registra con la realizzazione di blog Pro Ana, nei quali molte ragazze dichiarano patologici obbiettivi di dimagrimento, tipicamente di carattere anoressico o bulimico, e redigono una sorta di diario sull’evoluzione del loro disturbo alimentare.
In questa fase non si può parlare di un movimento Pro Ana come di un fenomeno ben strutturato, anche se questi diari online già permettevano alle utenti di sostenersi e scambiarsi consigli su come tenere comportamenti restrittivi in ambito alimentare.
Il fenomeno Pro Ana vero e proprio si sviluppa più tardi, con la nascita dei forum, cioè siti che, rispetto ai blog, favoriscono una maggiore interazione e discussione tra gli utenti. Attraverso i forum, infatti, si creano delle vere e proprie comunità virtuali, dove le ragazze si incontrano e si sostengono nel perseguimento patologico di una magrezza estrema.
La Filosofia di Ana
Con l’affermazione di questi forum Pro Ana si sviluppa in maniera più articolata quella che può essere definita una ‘filosofia di vita deviante’: la Filosofia di Ana. Come riporta Agostino Giovannini nella sua tesi di ricerca sul fenomeno Pro Ana, la Filosofia di Ana si oppone rigidamente alla visione di anoressia e bulimia come patologie psichiatriche, o comunque dovute a una condizione di sofferenza e disagio; e mira, invece, a proclamare uno stile di vita alternativo, a promuovere un obiettivo antibiologico di liberazione totale dalla dipendenza da cibo, ossia l’anoressia nervosa.
I forum Pro Ana assumono allora le sembianze di ‘sette religiose’: le cosiddette ‘adepte di Ana’, dove Ana è una musa ispiratrice e un ideale supremo, si dichiarano seguaci di un vero e proprio modo di essere e di pensare, si confrontano, si riconoscono e, per allinearsi a livello comportamentale, si danno delle regole da rispettare, scambiandosi materiali incentivanti e rinforzanti il delirio sintomatologico.
Come Il Credo di Ana:
“Chi è Ana?
Ana è colei che ci accompagna ogni giorno, che ci odia e ci ama, che odiamo e amiamo.
Ana siamo noi.
Questo è un gruppo Pro Anoressia. Per chi è così ed è quello che vuole essere.
Se siete contrari o in ricovero per favore lasciate questo gruppo,lo trovereste provocatorio.
Per chi è come noi, si sente solo, incompreso, qui troverete supporto, trucchi, consigli, foto e tutto ciò che possiamo offrirvi.”
E i 10 comandamenti di Ana:
seguiti da un elenco di motivi per non mangiare, trucchi per farlo senza essere scoperti, consigli per vomitare meglio e foto di modelle molto magre che fungano da idoli a cui tendere.
La diffusione social dei Dca
Oggi il fenomeno Pro Ana è diventato più complesso a causa dei social network (Facebook, Instagram e Twitter) e all’uso di Whatsapp, strumenti che hanno consentito alla Filosofia di Ana di diffondersi in modo più capillare e meno controllato dalle autorità, ma anche dalle famiglie delle utenti. Sui social sono infatti comparsi gruppi, profili, pagine e hashtags, che permettono agli utenti di ritrovarsi più facilmente e di condividere le proprie idee di dimagrimento estremo.
Le ragazze che si incontrano online ben presto si scambiano anche i numeri di telefono e creano delle chat Whatsapp per tenersi perennemente in contatto. I membri di queste chat espongono i loro obiettivi di magrezza e, durante tutta la giornata, si consigliano e si ‘sostengono’ a vicenda per riuscire a non mangiare e, di conseguenza, a dimagrire.
Entrare in queste chat non è poi così semplice. Sono gli stessi social network a intercettare e bloccare i profili fake creati per partecipare ai gruppi Pro Ana. Le amministratrici delle chat, poi, sono molto selettive e fanno entrare nella cerchia solo chi si mostra davvero motivato.
Perché i gruppi Pro Ana hanno successo
Sfida narcisistica, bisogno di relazioni, grido di aiuto al mondo. Ad emergere in questi gruppi è una chiara richiesta di socializzazione, di condivisione di una sofferenza, ma la volontà delle utenti, di non essere etichettate, almeno da qualcuno, come ‘malate’, ma di essere guardate come persone che mirano ad un obiettivo non conforme alla società circostante.
Siti Pro Ana: basta censurarli?
Censurare tutti i siti Pro Ana è impossibile, perché vengono creati, chiusi e riaperti con estrema velocità. Da alcuni punti di vista, poi, la repressione potrebbe risultare controproducente. Se usati come fonte di informazione e momento di ascolto delle richieste degli utenti, infatti, questi siti potrebbero diventare una risorsa per gli operatori, come sostenuto dal presidente della Sisdca e maggior esperto in Italia di siti Pro Ana Umberto Nizzoli.
La legge italiana di fronte al fenomeno Pro Ana
In realtà, in Italia ci sono stati vari tentativi di far approvare una legge che punisse gli autori, o le autrici, dei siti Pro Ana. Ma le polemiche non sono mancate.
Il primo disegno di legge italiano formulato in merito, risale al 2008 e riguarda l’inserimento dell’art. 580-bis nel codice penale: se l’articolo 580 si riferisce al reato di istigazione al suicidio, il 580-bis concerne il reato di istigazione al ricorso a pratiche alimentari “idonee a provocare l’anoressia o la bulimia”.
Le successive proposte sono state praticamente sempre identiche. Composte da un minimo di quattro ad un massimo di sei articoli, comprendono: la definizione delle malattie legate al comportamento alimentare, l’art. 580-bis, il piano interventi, la diagnosi precoce e la prevenzione, la relazione annuale al Parlamento e la copertura finanziaria.
L’ultimo ddl è il n. 4511 presentato alla Camera dei Deputati il 25 maggio 2017, con primo firmatario Mario Borghese, attualmente assegnato all’esame della 12esima commissione permanente (Affari Sociali) in sede referente – esame ancora non iniziato, seppur assegnato il 25 giugno 2017. Nella relazione introduttiva a quest’ultimo progetto di legge non vi è però alcun riferimento a siti, blog, chat Pro Ana o Pro Mia, che dovrebbero essere il fulcro del disegno in quanto strumenti del reato di istigazione.
Nel documento, invece, l’accento viene posto sul lato sociale del disturbo alimentare. Il riferimento ai suddetti siti, blog e chat si ha nella relazione di presentazione della proposta n. 438 del 2013, firmata da Maria Rizzotti. È ancora in corso, dal 14 dicembre 2017, il riesame del testo in commissione.
L’impossibilità di identificare in rete tutti i siti Pro Ana
In questa sede vengono menzionati circa 300mila fra siti e blog (intendendo anche pagine sui social o chat Whatsapp), che danno consigli pratici per il perseguimento ossessivo della perdita di peso, ma da quanto riportato da ‘il Fatto Quotidiano’, al tempo della presentazione del progetto (aprile 2013), i siti attivi in materia erano almeno 800mila. Questo già dimostra come il lavoro fosse indietro rispetto alle tempistiche della rete.
Cosa è previsto per gli autori dei siti Pro Ana
In riferimento a questo testo sono stati presentati degli emendamenti di modifica in cui, oltre all’inserimento di ortoressia e vigoressia nell’elenco dei disturbi alimentari (emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, art.1), si è stabilito che qualora il soggetto “istigatore” si trovi in uno stato psicologico di disturbo del comportamento alimentare, la pena detentiva o pecuniaria è commutata in Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO, emendamento 2.5, art.2).
Sono quindi previsti interventi diversificati in base al livello di avanzamento e di gravità del disturbo, un sostegno alle famiglie colpite, un programma scolastico di prevenzione e il monitoraggio costante dei siti in questione da parte della polizia postale (emendamenti art.3).
Gli autori dei siti Pro Ana: occorre punirli?
L’associazione ‘Mi Nutro di Vita’, una delle più attive in Italia, è stata ascoltata dagli addetti ai lavori per la stesura degli emendamenti di modifica.
Il presidente, Stefano Tavilla, spiega che il problema fondamentale di questa proposta di legge sta nella necessità di stabilire una pena per poter istituire un reato e il conseguente intervento dell’autorità: “Siamo partiti naturalmente dalla pena detentiva e pecuniaria, ma poi siamo andati ad implementare la proposta con emendamenti specifici dove noi, come associazione, abbiamo chiesto che la pena fosse tramutata in percorso di cura– dichiara Tavilla- Perché la maggior parte delle persone frequentatrici di questi siti sono persone che stanno male a loro volta. Quindi non possiamo condannarle. È un punto imprescindibile: si deve formulare il reato e la pena, ma poi la pena va tramutata in un percorso di cura”.
Trattandosi spesso di persone malate o di ragazzi molto giovani, i responsabili dell’istigazione spesso non sono consapevoli del danno che creano.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.dire.it/14-09-2018/243708-disturbi-comportamento-alimentare/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)