Disturbi del comportamento alimentare: la Vigoressia
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Muscoli e proteine: cos'è la vigoressia?
di Luciano Bani
Ore e ore in palestra tutti i giorni, calcoli calorici ossessivi e anche uso di stimolanti e lassativi. Sono i risvolti della
vigorressia, un disturbo alimentare tipicamente maschile che si sta diffondendo a macchia d'olio
Anche se in forme diverse da quelle tipiche per la donna, i disturbi alimentari maschili prendono sempre più piede e sempre
più diffusa anche tra gli uomini è oggi la cura e l'attenzione per la forma fisica e l'alimentazione.
I dati a nostra disposizione sono evidentemente sottostimati: davvero pochi uomini riconoscono di avere un problema, spesso
sentito come tipicamente femminile. Non è sempre così e non è solo così.
Anoressia, bulimia e obesità toccano anche gli uomini.
La vigoressia colpisce quasi solo gli uomini e anch'essa rientra tra quelli che sono riconosciuti come disturbi alimentari.
In pochi sanno in realtà di cosa si tratta. La vigoressia porta il soggetto a una dipendenza vera e propria dall'attività
fisica: se non si fanno le quotidiane quattro-cinque ore di palestra si sta malissimo.
Si comincia con il desiderio di eliminare il grasso e di essere più in forma, poi l'obiettivo diviene essere asciutti e
muscolosi, fino a quando (per esempio) avere gli addominali "a tartaruga" diviene l'unico pensiero, in nome del quale gli
uomini sono disposti ad assumere anche lassativi e integratori rinunciando sempre di più al cibo.
I "cubetti" dell'addome vengono contati, guardati e toccati di continuo. Questa patologia nasce soprattutto negli adolescenti
in fase di cambiamento fisico come desiderio di dimostrare una virilità assoluta. Per questo spesso chi è affetto da
vigoressia accompagna, all'allenamento e a un'alimentazione rigidissima, anche l'abuso di sostanze che dovrebbero migliorare
la prestazione sessuale, come anfetamine o cocaina.
Vigoressia, anoressia e bulimia hanno molto in comune: chi soffre di questi disturbi tormenta il corpo, non gli dà tregua,
vive per esso.
Concentrarsi sul corpo, riempire la testa di calorie, permette di non dover affrontare vissuti di disagio molto più profondi.
È così che la malattia diventa la vita, con un comportamento che viene ripetuto, ogni giorno, tutti i giorni, senza sgarri,
in una perfetta tabella di marcia che ha la pretesa di scandire il tempo per sempre, di non lasciare spazio all'imprevisto,
all'incontro.
Da tutto questo è possibile uscire, ma solo dandosi la possibilità di riconoscere la propria sofferenza come tale e trovare
finalmente uno spazio di ascolto in cui potersi raccontare.
Uno spazio di accoglienza che sappia comprendere una storia che molto spesso nessuno ha saputo ascoltare fino in fondo.