"Internet può essere la nuova eroina": parla lo psichiatra Michele Sforza
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Intossicati da Internet
«Internet può essere la nuova eroina. Le droghe chimiche che un tempo agivano intossicandoci dall’esterno verranno sostituite da altre, infisse direttamente nel cervello». Parola di Michele Sforza. D’accordo, Neuromancer di William Gibson, ristampato di recente dall’Editrice Nord, è stata una delle sue (ri)letture estive. Ma lo psicanalista e psichiatra comasco, direttore del servizio di Alcologia e Dipendenze da Comportamento della casa di cura “Le Betulle” di Appiano Gentile, fa un discorso tremendamente serio oltre che concreto.
La realtà rischia di superare la più fantascientifica illusione. Ormai la rete e i suoi programmi di aggregazione sociale (Facebook, Twitter) hanno preso posto nei taschini, nelle borsette e sui comodini di milioni di italiani con la diffusione a tappeto degli smartphone. La dipendenza da navigazione sul web (giochi online e altri siti popolari) si configura sempre più non solo come lo scotto da pagare per credersi al passo con i tempi ma, per le menti più deboli, rischia di essere una trappola ad altissimo potenziale di rischio.
Sforza ha appena pubblicato per Franco Angeli, nel volume collettivo Psicoanalisi, identità e Internet (pp. 251, 30 euro), un saggio illuminante: “Epistemofilia-Epistemopatia. L’utilizzo di Internet fra normalità e malattia”. Il libro è orientato a comprendere quando ormai la tecnica pervade il nostro quotidiano fino a destabilizzarci.
Sforza, un libro di specialisti che parla a tutti?
«Gli psicanalisti si sono resi conto che, di fronte a temi così attuali, c’era la necessità di cambiare paradigmi. In fondo lo psicanalista è sempre stato un conservatore, che guarda la mente come qualcosa di stabilizzato. Invece nel rapporto tra mente e rete si evince una realtà costantemente mutevole, che mette in discussione le certezze sin qui acquisite e praticate e, a mio parere, riapre i giochi sullo stesso funzionamento della psiche umana».
In che senso?
«Prima la mente, in un retaggio culturale ancorato alle conquiste freudiane a loro volta figlie dell’Ottocento, era considerata qualcosa di interno, separata dal mondo reale. Invece ora si comincia a vedere, con l’esperienza della rete, che i confini tra le due entità non sono netti e si può dire che una fa la parte dell’altra».
Lei scrive: “Le stimolazioni ricevute online (ad esempio i giochi) sono in grado di indurre modificazioni in alcune aree del cervello”.
«La tecnica modifica la nostra mente. Cambia le connessioni fra i neuroni usando i meccanismi della biochimica. E andando verso un futuro di sempre maggior connessione, anche la psicanalisi deve affrontare questi temi».
Nella sua esperienza quotidiana tratta spesso casi di dipendenza dai nuovi media.
«Si tratta di fenomeni nuovi. A tal punto che purtroppo non ci sono a disposizione dati statistici, né a livello locale né a livello nazionale. Di fatto, però, la dipendenza dalla rete è un fenomeno che sfugge moltissimo ed emerge solo nelle situazioni più sfrenate e patologiche».
Quando ormai i buoi-neuroni sono scappati...
«In Giappone si parla molto del fenomeno degli “hikikomori”, persone che non escono nemmeno di casa perché stanno tutto il giorno al pc, connessi a Internet. Ne sto curando uno potenziale nel Comasco: un sedicenne che non vuole più andare a scuola per rimanere al pc e in rete, annunciando che se lo obbligheranno a rientrare nei ranghi farà uno sproposito. Per lo specialista, può essere l’emergere di una crisi adolescenziale o un disturbo psicotico esplicitato con modalità “informatiche”».
Come arrivare a dire che è dipendenza da Internet tout court?
«La conoscenza è funzionale alla sopravvivenza come il gioco e l’appetito. È una modalità premiante il fatto che dia piacere. In alcune persone, per una serie di fattori di rischio scoppia la patologia. Il piacere non è più un premio per andare avanti, una tappa per un processo, ma il fine in sé. Che si cerca in modo coattivo e compulsivo. Procurarsi le informazioni soddisfa l’istinto vitale, lo stesso che ci induce a procacciare il cibo per noi e per la prole. Ma la capacità di potersi fermare è un aspetto fondamentale, è come il freno funzionante in un’auto. Ma attenzione: non cascarci è un fatto legato alla fortuna. Uscire dalla dipendenza da Internet, e lo dimostro nel caso che racconto nel mio saggio, è dannatamente difficile».
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)