La famiglia tossicomanica: struttura, comunicazione, ruoli
La famiglia "tossicomanica": struttura, comunicazione, ruoli
La struttura della famiglia “tossicomanica”
Nelle famiglie con un congiunto tossicodipendente di solito è uno solo il genitore significativamente più coinvolto con il figlio tossicomane; manifesta maggiore preoccupazione; è indulgente e protettivo nei confronti del figlio, creando con tale atteggiamento un'alleanza gerarchica annullando la differenza generazionale, ne impedisce il processo di esplorazione verso l'esterno e crea, nel confronti dell'altro genitore, l’esclusione se non addirittura l'avversione; in molti casi assistiamo alla formazione di un vero rapporto simbiotico nel quale, generalmente, il genitore ipercoinvolto è quello di sesso opposto, mentre quello periferico ed emotivamente distante dal figlio, partecipa in miniera minore all'educazione dei figli ed alla gestione della vita familiare.
L'ipercoinvolgimento da parte di un genitore e di distanza o assenza da parte dell’altro, determina molti altri disturbi, oltre alla tossicomania, evidenziando quindi il problema della potenziale differenza di effetti tra famiglie di soggetti tossicomani con altre famiglie disfunzionali.
Stanton e collaboratori tra i fattori che caratterizzano le famiglie con problemi di tossicomania hanno trovato che:
a) esiste un alta dipendenza “chimica” ripetuta in più generazioni dello stesso gruppo familiare (in particolare l’alcool fra i maschi) a cui si aggiunge anche una inclinazione verso altri comportamenti a rischio come, ad esempio, il gioco d'azzardo;
b) l'espressione della conflittualità è più impulsiva e diretta con alleanze ben dichiarate tra tossicomane e genitore ipercoinvolto;
c) il comportamento dei genitori è di qualità “manifestamente non schizofrenica”;
d) le madri dei tossicomani mostrano di prolungare notevolmente il rapporto simbiotico con i propri figli;
e) prevalgono tematiche di morte, e sono spesso presenti casi di morte prematura o improvvisa.
L. Cancrini parla di famiglie “disimpegnate” e famiglie “invischiate”. Queste ultime vengono classificate secondo una disposizione di ruolo in:
a) Famiglie con padre centrale;
b) Famiglie con madre centrale e padre periferico;
c) Famiglie con madre centrale e padre assente.
Nella nostra cultura sembrano avere prevalenza le famiglie di tipo “b”.
Uno studio di Madanes C., Dukes J., Harbin H., evidenzia come nelle famiglie con un membro tossicomanico esistano delle inversioni gerarchiche (triangolazioni, coalizioni transgenerazionali).
Per concludere possiamo affermare che gli studi sulla famiglia tossicomanica rilevano, nella maggioranza dei casi, la presenza di un genitore, di solito di sesso opposto al figlio tossicodipendente, ipercoinvolto con lui mentre l'altro genitore si trova in una posizione marginale, squalificata, squalificante o punitiva e quindi a livello della coppia genitoriale sembra essere presente una disgregazione non sempre esplicitata.
Famiglia e modelli di comunicazione
All’interno della coppia genitoriale i modelli di comunicazione si dividono in simmetrici e complementari.
Nel primo caso, l'individuo ha paura di perdere il “'proprio spazio” a favore dello spazio di coppia e sviluppa, quindi, la tendenza a sopraffare l’altro partner per confermare la propria presenza, di conseguenza l'aspetto partecipativo risulta ridotto perché direttamente collegato al tipo di comunicazione presente, cioè quello simmetrico, con una evidente invalidazione reciproca alla comunicazione stessa.
Da tale situazione scaturirebbe la necessità di uno “spazio concordato” bloccato, però, da “equilibrio fisiologico” (omeostasi); infatti quando lo spazio di coppia tende a riformarsi scatta il meccanismo omeostatico, si scatenano le paure di perdere il “proprio” spazio che invade sempre una parte più o meno ampia di quello individuale del partner.
Nella famiglia simmetricai problemi relazionali già presenti nella dinamica di coppia, coinvolgono ovviamente anche i figli; infatti, padre e madre hanno notevoli difficoltà a comunicare direttamente perciò nella maggioranza dei casi si trasmettono i messaggi tramite i figli.
Lo spazio di coppia in realtà è rappresentato da “due” differenti modalità di mettersi in relazioni con i figli: uno del padre l'altro della madre riducendolo sempre più sino, in moltissimi casi, ad annullarlo del tutto.
In questo stato di cose le trasmissioni educative, affettive, ecc. avvengono “individualmente” contribuendo, quindi, alla formazione di situazioni confuse e di reciproca invalidazione (spesso non chiaramente indicata, negata formalmente ma sostanzialmente presente); tali contraddizioni aumentano fortemente il livello di confusione dei figli che sono costretti quasi sempre a parteggiare per uno dei genitori, favorendo perciò l'aumento del loro senso di colpa, aggressività, sensazioni di impotenza, scarsa fiducia nelle proprie capacità, insicurezza, ecc.
Nella famiglia complementare, viceversa, ogni membro ha la possibilità di avere sia un “proprio spazio” che quello “comune” con gli altri componenti il nucleo familiare sviluppando modalità di comunicazione circolare che favoriscono la partecipazione di tutti nei vari momenti di crescita del nucleo stesso.
In presenza dell’insorgenza tossicomanica di un figlio la comunicazione circolare e la capacità relazionale presenti nella famiglia complementare sembrano riuscire a conservare, seppur con difficoltà, delle possibilità rassicurative tali da dimostrare al tossicomane, al di là degli oggettivi problemi presenti, di poter contare su una affettività comunque percepibile.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.villamaraini.it/images/PDF/BIBLIOTECA/La_famiglia.pdf
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)