Ragazzini dipendenti da internet? Lo sport aiuta ad evitare il rischio
Ragazzini dipendenti da internet?
Lo sport aiuta ad evitare il rischio
«Ci sono ragazzini che non riescono a guardare negli occhi la persona con cui stanno parlando, e non si tratta di timidezza. Ci sono ragazzini che parlando su Skype di argomenti molto personali non arrossiscono, non esprimono le proprie emozioni a livello somatico». Il digitale è pane quotidiano per quasi tutti i giovanissimi (i cosiddetti nativi digitali), ma comporta alcuni rischi che è bene conoscere.
Ne sa qualcosa Federico Tonioni, responsabile dell’ambulatorio italiano per la dipendenza da internet presso il Policlinico Gemelli di Roma, che fa un resoconto del proprio lavoro: «Di alcuni dei 1.400 ragazzi che abbiamo visto da quando ha aperto l’ambulatorio, nel novembre 2009, ci ha colpito non l’alto numero di ore in cui restano connessi ma la particolare intensità del ritiro sociale. E parliamo di persone che vanno dagli 11 ai 23 anni». La dipendenza da internet comporta infatti l’incapacità di vivere nel mondo vero. «Spesso il primo segnale è la rinuncia a svolgere un’attività fisica – spiega ancora Tonioni -: il calcetto, il nuoto, iscriversi in palestra e poi non frequentarla. Sono atteggiamenti che devono preoccupare e che in alcuni casi sono seguiti anche dall’abbandono scolastico. Quando si presenta un paziente una delle prime domande che faccio è: pratichi uno sport?».
Federico Tonioni è protagonista, insieme a Maurizio Salvi (esperto Information Technology di TIM) di ‘Benessere Digitale‘, percorso formativo dedicato all’uso consapevole dei social network rivolto a ragazzi, genitori ed educatori per sensibilizzarli e consigliarli su una tematica importante nel processo di crescita degli adolescenti. Si è già tenuto un incontro a Milano e ne sono in programma altri due (il 15 aprile a Bologna, a maggio a Roma). E visto che il benessere digitale è connesso all’attività fisica, il programma di incontri è collegato alla Junior TIM Cup – Il calcio negli Oratori, torneo di calcio a 7 riservato agli Under 14, promosso da Lega Serie A, TIM e CSI, che raggiunge tutte le 15 città in cui viene disputato il massimo campionato italiano di calcio.
Il web può diventare un mondo parallelo in cui rifugiarsi ed essere qualcun altro senza doversi esporre emotivamente di persona. Gli strumenti digitali sono in parte un rifugio e in parte un filtro. Per questo i ragazzi hanno perso l’abitudine a percepire il proprio corpo quando devono comunicare di persona con i loro interlocutori. Allo stesso tempo però gli adolescenti con un telefonino in mano si sentono più liberi di esprimere le proprie emozioni inventando anche nuove forme di espressione. I casi gravi di dipendenza da internet sono rari, ma molto preoccupanti: le ricerche di Tonioni sull’utenza del Day Hospital di Psichiatria del Gemelli – 600 casi di cui l’80% costituito da ragazzi assuefatti alla Rete – evidenziano casi estremi come l’iper-connessione, che può arrivare fino alle 18 ore consecutive, la perdita di sonno e la concezione distorta del tempo e dello spazio.
«In realtà il concetto di dipendenza patologica non vale per gli adolescenti, ma per gli adulti (per esempio relativamente al gioco d’azzardo). Per i nativi digitali essere spesso connessi è assolutamente normale, non potrebbero fare altrimenti. Il problema si pone quando si arriva appunto al ritiro sociale, ovvero alla rinuncia ad avere relazione vere con altre persone (anche a scuola) e a scegliere internet come sede delle uniche relazioni sociali possibili. Usando lo smartphone o il tablet, anche se c’è una webcam (per esempio Skype), i ragazzi riescono a ripararsi da stimoli emotivi che vivono come eccessivi. Le emozioni sono filtrate e viene meno la comunicazione non verbale, che è una parte fondamentale della comunicazione stessa perché è la parte più vera, quella su cui non si può mentire. Le emozioni infatti passano sempre per il corpo». Ma internet – precisa il professor Tonioni – non è la causa del ritiro sociale di questi ragazzi: «I motivi hanno a che fare con la carenza di sguardi scambiati con chi doveva prendersi cura di loro. I ragazzini e i bambini di oggi sono spesso davanti a smartphone, tablet e videogiochi anche perché così i genitori si dimenticano di loro per dedicarsi ad altre attività, è raro che siano strumenti di condivisione. Quindi i giovani e i giovanissimi oggi sono molto poco allenati a tollerare gli scambi dal vivo con altre persone».
(...omissis...)