GAP: si gioca per vincere, si finisce schiavi
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Si gioca per vincere, si finisce schiavi
«Per dieci anni sono stato dipendente dal gioco. Slot machines e videogiochi erano la mia droga quotidiana. Ho rischiato di
perdere tutto: famiglia e lavoro. Invece ho trovato comprensione e aiuto e sono guarito». Vittorio, 46 anni, è oggi l'anima
del gruppo Giocatori Anonimi di Varese. È lui che ha cercato una sede per invitare quanti si sentono persi e hanno bisogno di
una mano: « La prima riunione è stata fatta nel novembre scorso, nella sede dei Frati Cappuccini di viale Borri. Si sono
presentati circa in venti: uomini, donne, giovani, pensionati. Qualcuno si è poi perso di strada, di tutti ho il recapito a
cui invio messaggi di solidarietà con la speranza di vederli ritornare».
Il prossimo 9 maggio, alle 21, ci sarà una nuova riunione aperta a tutti a cui è invitato anche il dottor Vincenzo Marino,
Direttore del Dipartimento Dipendenze dell'ASL: « Il giudizio sociale sui giocatori è falsato da un'errata credenza: mentre
la malattia è una cosa che capita, la droga piuttosto che l'alcol o il gioco sono scelte personali. Invece, tutti e tre,
anche se con meccanismi diversi, colpiscono il sistema neurologico creando danni che escono dalla sfera della volontarietà.
L'uso prolungato di droga, così come il gioco ripetitivo, modifica i sistemi di funzionamento del cervello e le azioni
diventano impulsi incontrollabili».
In effetti, per Vittorio si è trattato proprio di malattia: « Io non ero un giocatore. Uscivo il venerdì sera, una partitella
a carte o a bigliardo con gli amici. Si scommetteva al massimo 10.000 lire. Poi, sono arrivate le slot machines. Qui è
iniziato il mio inferno. Ho cominciato con qualche euro e mi sono trovato a giocarmi tutto quello che avevo in tasca: dai 10
ai 300 euro. Impossibile fermarmi. Non riuscivo a resistere all'impulso, ero impotente. Giocavo anche tre ore mentre ero in
giro con il camion. Perdevo tutti i soldi e la mia famiglia ne ha risentito. Ho una moglie e due figli che mi sono stati
vicini, così come il mio datore di lavoro. Grazie al loro aiuto ho trovato la forza di chiedere aiuto. Sono andato a Busto,
dove si ritrovavano i giocatori anonimi. Qui ho trovato gente che aveva vissuto le mie stesse esperienze, non mi giudicava ma
mi ascoltava. Mi hanno parlato di patologia, di letture scientifiche dove veniva raccontato quello che mi capitava. Ho
iniziato un percorso che è durato circa 2 anni. Oggi mi sento bene ma mi tengo lontano da queste macchinette. Il loro arrivo
nei bar ha fatto veri danni».
A tutti coloro che non riescono a fermarsi davanti al gioco, siano slot o scommesse o casinò, si rivolge Vittorio: « So che
non è facile crederci. Ci vogliono almeno 10 anni di inferno prima di rendersi conto. Molti vengono e spariscono. Ma prima o
poi torneranno. Nel gruppo abbiamo 2 o 3 ragazzi e 5 o 6 donne, qualche pensionato. La ricaduta è semplice ed è per questo
che si deve lavorare giorno per giorno. L'obiettivo dell'astinenza deve essere quotidiano: tenersi lontano oggi, e poi
tenersi lontano il giorno dopo e così via. Piano piano si riacquista forza per resistere. Ci si rende conto che non cerchiamo
la vittoria perché tutto ciò che vinciamo lo rigiochiamo. Tutti dobbiamo avere paura dei video che hanno un fascino
irresistibile: dai bambini agli adulti, ne diventiamo schiavi».
L'Associazione si riunisce il lunedì dalle ore 21.00 alle ore 22.30 presso la chiesa dei Frati Cappuccini in Viale L. Borri a
Varese. Il 9 maggio la riunione sarà aperta a tutti coloro che hanno voglia di guarire dalla "febbre del gioco". All'interno
il Dr. Vincenzo Marino terrà una relazione sul tema " Perché la sola volontà non basta per smettere di giocare