Pisa: in aumento i casi di GAP
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GLI ATTIMI che passano prima di scoprire se si è vinto o no. Un'attesa sempre più breve - non siamo certo nell'era della
pazienza - e poi un brivido che attraversa il corpo e la mente. Una «botta» di adrenalina senza cui alcuni, con il passare
del tempo, non riescono più a vivere. La dipendenza dal gioco inizia così. Una dipendenza di cui ancora oggi, più di altre, i
pisani si vergognano. Non è facile, dunque, approdare a strutture di sostegno. Quella richiesta di aiuto pesa più di
qualsiasi altra cosa. Tanto che si rinuncia piuttosto a tutto il resto: famiglia, affetti, lavoro. La normalità. Un settore
molto complesso e ancora in parte da scoprire. Su cui il nostro Sert ha lavorato nell'ultimo anno con un progetto ad hoc.
Perché sì, il fenomeno all'ombra della Torre è in aumento, come nel resto d'Italia. In crescita la sensibilità al problema ma
anche lo stesso problema come confermano gli operatori che, in diversi modi e tramite le tante associazioni di sostegno in
città, lo seguono.
SLOT e scommesse. Sono 26 i giocatori d'azzardo e dipendenti da videopoker seguiti dal Sert. «L'anno passato era arrivato da
noi soltanto un paziente», ricorda Donatella Paffi, responsabile del servizio per le tossicodipendenze, in via delle Torri
(tutti i giorni 7.30-19.30, esclusi martedì, giovedì e sabato 7.30- 13.30, info: 050-954951 o 953). «Si tratta di dipendenze,
queste, così come quella da cocaina, che si elaborano in più tempo. A livello familiare creano una situazione di degrado. Uno
scossone per gli animi». Irresistibili, purtroppo, gli slogan. «Se vuoi provare piacere, gioca», recitava uno spot che
pubblicizzava uno di questi strumenti per fare soldi. Si gioca, appunto, sulla sensazione di godimento». Fino a ora la
struttura si è occupata di alcol e droghe, quest'anno, invece, abbiamo aggiunto la voce ‘altro' grazie ad un progetto
finzanziato dalla Regione. Ma il finanziamento si chiude a gennaio e siamo preoccupati. Non ho risorse specifiche per
analizzare questo tipo di patologie molto complesse». Eppure, i malati continuano ad arrivare. Come? «Ce lo siamo chiesto a
lungo», prosegue Paffi. Un ambiente chiuso, quello dei giocatori, dove spesso ci si conoscono tutti: così è il passaparola a
funzionare. «Ma servono le risorse giuste per loro e le famiglie, rovinate e con una conflittualità enorme». Loro, in qualche
modo, vengono curati insieme alle vittime. Serve una valutazione multidisciplinare. Due, poi i percorsi: «Da una parte
abbiamo il paziente con le terapie farmacologiche e di gruppo. E la possibilità di iter comunitari. Uno si trova in provincia
di Siena, il ‘Progetto Orthos'. L'altro è un percorso di recupero che va dalle casa famiglia agli appartamenti». Recupero
dell'autonomia prima di tutto. «Alle famiglie chiediamo di partecipare ai gruppi per condividere rabbia e frustrazione». Chi
sono. La fascia sociale è ampia: si va dai precari ai pensionati. L'età media è sui 40 anni. E al centro cominciano a
presentarsi anche le donne. I fattori di rischio: «Il bombardamento mediatico, la ricerca di un qualcosa di più, di facile.
Il gioco in sé che dà un livello di godimento elevato. Nell'attesa di verificare se si è vinto o no si prova eccitazione».
Ma, nel frattempo, si perde tutto. «Ci sono imprenditori che hanno quasi distrutto la ditta di famiglia. Perché non si ha più
tempo per niente: neppure il lavoro». La normalità si allontana. «I ragazzi si isolano nelle loro stanze e giocano online»:
un un pericolo silenzioso. Una droga casalinga.
«I CENTRI dove si scommette sono sempre aperti», riflette Massimo Ceriale del «Progetto Homeless». «Offrono anche un riparo e
diventano così un luogo dove le persone si concentrano e passano del tempo. Inoltre, non richiedono consumazioni particolari.
Se poi ci si ritrova con qualche euro lo si gioca. Ma - avvisa - la presa di coscienza è tardiva. Nei nostri centri arrivano
persone che sono in una fase critica se chiedi loro perché sprecano i soldi ai cavalli o bevono tanto, ti rispondono che non
lo fanno. Spesso raccontao di vincite clamorose che però non hanno riscontri». «Gli italiani dipendenti sono più degli
stranieri. Gli stranieri, quando arrivano, hanno altri problemi: sono irregolari e senza un lavoro. Dipendenti lo diventano
se non riescono ad uscire da questa precarietà». Ora «si scommette su tutto e non si tratta di scommesse clandistine come
accadeva anni fa».