Come riconoscere e curare la ludopatia
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Se il bel gioco non dura poco. Come riconoscere e curare la ludopatia
Ludopatia: quando il gioco si trasforma in malattia. Nel Salento c'è chi si occupa di sconfiggere il "mal da gioco" che colisce semplre più anche gli anziani. La dottoressa Montinaro ci spiega cos'è e come funziona.
Senza che ce ne accorgessimo, i giocatori d'azzardo sono usciti dai casinò e sono venuti a trovarci raggiungendoci nella vita di tutti i giorni. La dipendenza dal gioco o meglio la ludopatia è un fenomeno sociale che sta dilagando nella nostra quotidianità ed ha oramai assunto la dimensione dell'emergenza sociale ed in quanto tale sollecita a formulare protocolli di prevenzione e cura.
Per ludopatia si intende l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze.
Per continuare a dedicarsi al gioco d’azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un’entità a sé.
È una condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita. Durante i periodi di stress o depressione, l’urgenza di dedicarsi al gioco d’azzardo per le persone che ne sono affette può diventare completamente incontrollabile, esponendoli a gravi conseguenze, personali e sociali.
Un fenomeno che la crisi economica ha fatto emergere con forza e rabbiosità; molte sono le persone che, vittime di pubblicità ingannevoli, si rivolgono al gioco con l'illusione e la speranza di poter trovare soluzioni magiche alla povertà e alla precarietà lavorativa. Sullo sfondo si snoda pur sempre la precarietà affettiva che affligge la società contemporanea, colpendo soprattutto le fasce più deboli degli adolescenti e degli anziani. Ed è proprio su questi ultimi che mi vorrei soffermare.
Sono sempre più numerosi gli over 65 che dilapidano la pensione nella speranza di fare fortuna... e non solo, anche con la speranza di impiegare un tempo “vuoto”, carente di rapporti significativi. L'indagine “Anziani e azzardo” di Auser, Gruppo Abele e Libera, presentata nei giorni scorsi ha evidenziato che la maggior parte degli over 65 gioca per vincere denaro, per divertimento e per conoscere persone.
Nel 2012 altri studi avevano già messo in risalto che in Italia nella fascia di età contemplata, ricadono 1.200.000 giocatori problematici (ossia giocatori che non vanno incontro nonostante la frequenza del gioco a conseguenze negative della sfera familiare e giuridica) e 500.000 giocatori patologici.
Per evitare che il numero di pensionati malati cresca, sarebbe opportuno una giusta informazione ma non solo sulle logiche del gioco ed i sintomi del disturbo, ma anche su alcuni fattori predisponenti a malattie che riguardano la sfera del controllo degli impulsi.
Ad esempio, fattore di rischio per gli anziani sono gli effetti di patologie neurodegenerative legate all'età e che alterano le capacità di presa di decisioni e di controllo degli impulsi come il Morbo di Parkinson. Questi aspetti biologici, assieme a fenomeni quali la facile reperibilità di luoghi in cui è possibile giocare alle slot o acquistare “gratta e vinci”e la solitudine relazionale, rende questa categoria sempre più vulnerabile alla ludopatia. La ludopatia generando disfacimento personale e familiare produce ulteriore frustrazione e senso di solitudine che mantiene il circolo vizioso della dipendenza.
La dipendenza dal gioco, risulta ancora poco conosciuta a differenza di altre dipendenze come quella dalla droga o dall'alcool eppure i suoi effetti sono altrettanto devastanti sia sulle psiche del malcapitato che sul contesto economico e sociale. Il gioco porta il giocatore a diventare soggetto passivo ed a negare il proprio valore personale; un comportamento via via più compulsivo che porta a perdere il contatto con la realtà e ad affidarsi alle logiche del disturbo.
Le politiche di prevenzione e di informazione dovrebbero mirare a riappropriare il gioco della sua dimensione ludica di passatempo e di divertimento per non raggiungere la dimensione patologica del gioco stesso.
(...omissis...)
Dott.ssa Tessa Montinaro
Psicologa/Psicoterapeuta
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.leccesette.it/dettaglio.asp?id_dett=18323&id_rub=128
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)