Dipendenza da gioco d’azzardo, studio SISSA: un aiuto dai racconti dei pazienti
Dipendenza da gioco d’azzardo, studio SISSA: un aiuto dai racconti dei pazienti
Come si raccontano le persone affette da gioco d’azzardo patologico? Che informazioni possiamo estrarre dalle loro narrazioni? Uno studio condotto dalla SISSA – Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati e dall’Università di Roma Tre ha analizzato per la prima volta in dettaglio le parole e le costruzioni linguistiche usate da soggetti con dipendenza da gioco d’azzardo.
I ricercatori hanno identificato così alcuni elementi caratteristici del loro stato emotivo e cognitivo nei diversi stadi della malattia.
Lo studio, pubblicato su Addictive disorders and their treatment, apre nuovi scenari per lo sviluppo di percorsi di recupero e prevenzione basati sulle competenze linguistiche. Condividere, attraverso il racconto, le proprie esperienze con amici o parenti è un esercizio che molti di noi svolgono quotidianamente. Eppure le narrazioni personali rappresentano un processo per nulla banale.
Ci aiutano a ordinare e a dare un senso alle nostra storia, permettono di integrare i diversi aspetti del vissuto psichico, dei diversi tempi – passato, presente e futuro – in cui vive la nostra mente.
Le parole che un individuo usa quando racconta un fatto o descrive una condizione interiore riflettono i suoi stati psicologici e rappresentano anche il suo particolare stile cognitivo, emotivo, i tratti di personalità, nonché gli eventuali sintomi di disturbi psicologici di cui può soffrire. Ecco perché il racconto di sé rappresenta anche un’importante via di accesso ai processi emotivi e cognitivi che viene utilizzata sia in contesti di ricerca che terapeutici.
Un gruppo di ricercatori e ricercatrici della SISSA e dell’Università di Roma Tre ha per la prima volta analizzato le narrazioni dei pazienti affetti da dipendenza al gioco d’azzardo per identificarne le problematiche più comuni e fornire possibili strumenti terapeutici innovativi. In particolare, i ricercatori hanno intervistato 30 soggetti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo presso i servizi pubblici per le dipendenze della Regione Friuli Venezia Giulia.
Le interviste, realizzate in forma semi-strutturata, riguardavano vari aspetti della loro esperienza con il gioco, dall’aspetto compulsivo, ai tentativi di controllare il desiderio, dai fattori scatenanti la dipendenza a quelli utili a raggiungere l’astinenza e riprendere il controllo. Gli studiosi hanno quindi analizzato le parole utilizzate dai pazienti con il LIWC (Linguistic Inquiry and Word Count), il software più utilizzato al mondo per gli studi di linguistica computazionale. “Abbiamo così identificato diversi marcatori linguistici delle problematiche emotive e cognitive dei giocatori d’azzardo, che variano nelle diverse fasi della dipendenza”, spiega Stefano Canali, ricercatore del Laboratorio Interdisciplinare della SISSA e del Cosmic Lab dell’Università di Roma Tre e responsabile dello studio.
“Il più evidente fra tutti è l’assenza totale di parole e frasi riferite al futuro. Un fenomeno che probabilmente è allo stesso tempo indice e causa della difficoltà che ha il giocatore d’azzardo a pensare agli effetti dei comportamenti impulsivi e rischiosi sul suo domani”. Un altro marcatore narrativo che lo studio ha individuato è l’uso contemporaneo di espressioni in prima persona e in forma passiva per raccontare il rapporto col gioco. “È come se il soggetto si sentisse di essere ‘agente’ e responsabile dei comportamenti di gioco e, allo stesso tempo, di essere ‘agito’, passivo, trascinato dal desiderio e dagli automatismi. Questa contraddittorietà narrativa è indice di una chiara dissociazione del sé”, afferma il ricercatore. ”Infine, a questi indicatori si affianca un’estrema difficoltà a descrivere i vissuti emotivi legati al desiderio del gioco e alla perdita del controllo. Un deficit narrativo che sembra migliorare con il percorso terapeutico”.
“Si tratta di uno studio pilota che ci ha permesso di dimostrare l’importanza dell’analisi del linguaggio nella comprensione delle funzioni psicologiche coinvolte nelle dipendenze”, conclude Canali. “Dal punto di vista clinico, i marcatori narrativi possono rappresentare un nuovo elemento di supporto nel processo terapeutico, oltre che un possibile strumento di riconoscimento di soggetti a rischio. Essi aprono inoltre la strada all’impiego di tecniche di potenziamento delle competenze narrative generali come strategie complementari nei percorsi di cura delle dipendenze, in analogia a quelle che si stanno sperimentando ad esempio con i pazienti affetti da autismo”.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.triestecafe.it/it/news/cronaca/dipendenza-da-gioco-d-azzardo-studio-sissa-un-aiuto-dai-racconti-dei-pazienti-10-novembre-2020.html
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)