L’azzardo dopo il lockdown: tutto come prima? O anche peggio…
Ludopatia, gambling, GAP24-06-2020
L’azzardo dopo il lockdown: tutto come prima? O anche peggio…
La chiusura per circa 100 giorni di tutta la vasta ed agguerrita industria dell’azzardo di massa – con oltre 250 mila punti di gioco nelle 107 province tra sale giochi, sale scommesse e sale bingo ed altri luoghi autorizzati all’offerta – a causa dell’emergenza Coronavirus in Italia ha determinato due fatti di grande importanza individuale e collettiva:
– il crollo della spesa legata alle attività dei luoghi di gioco,
– la remissione almeno temporanea dei disturbi del comportamento correlati all’azzardo e dei problemi da esso indotti o ad esso direttamente o indirettamente riferibili in un numero molto elevato di gamblers e cosiddetti giocatori problematici, almeno secondo le testimonianze dei diretti interessati.
Dalle prime indagini di mercato non si evidenzia peraltro una significativa conversione della pratica dell’azzardo fisico o in presenza (leggi rapporto con i dispositivi o i prodotti di gioco) in azzardo online.
Pertanto è possibile affermare senza tema di smentita che la riduzione dell’offerta “fisica” di azzardo in tale fase storica ha prodotto anche un blocco nel processo di sviluppo e consolidamento dei meccanismi di addiction nei giocatori problematici e della reiterazione dei comportamenti compulsivi nei soggetti collocabili in una condizione molto avanzata e grave di Disturbo da Gioco d’ Azzardo (DGA). In sostanza, molti “giocatori” hanno interrotta la pratica del gambling e spontaneamente hanno conosciuto una remissione del sintomo della dipendenza.
Tale osservazione sembra allora dare una ulteriore e definitiva legittimità alla teoria secondo la quale ad una maggiore offerta di azzardo corrisponde un proporzionale incremento sia del numero dei soggetti esposti al rischio o al Disturbo da Azzardo sia del livello di gravità del disturbo stesso.
Tale teoria presenta molti punti di contatto con la teoria epidemiologico-statistica, elaborata da Ledermann (1964) nel campo dell’alcolismo per cui il consumo medio pro capite di alcol è proporzionale alla prevalenza dei problemi alcol correlati.
La riapertura delle sale slot, delle sale scommesse e dei bingo che sta avvenendo nelle varie Regioni a partire dal 15 giugno a seguito del DPCM dell’ 11 giugno, che peraltro prescrive l’obbligo per le Regioni di documentare preventivamente la “compatibilità” con il rischio nel territorio, e dunque a individuare i protocolli o le linee guida” contro il contagio. A tal proposito si impone una riflessione generale, per cui, accanto al tema della scrupolosa osservanza delle norme e dei protocolli di sicurezza e di contrasto del COVID attraverso il controllo del distanziamento e della sanificazione degli ambienti, bisogna affiancare in un rapporto di pari rilevanza quello della tutela della salute mentale di oltre cinque milioni e mezzo di italiani che soffrono per gli effetti causati dal DGA, tra cui oltre un milione di addicted.
Quest’ultimo aspetto cruciale sembra non aver alcuna priorità sanitaria etica e sociale se nella gerarchia della “rilevanza degli interessi” devono venire “prima la persona e la sua salute, quindi le entrate fiscali dello Stato e solo dopo gli interessi economici delle società del settore”. E la salute è in primo luogo quella del milione e mezzo di giocatori patologici che dal blocco dell’azzardo in questi mesi di Lockdown hanno avuto sicuri benefici. E anche quella delle famiglie per le quali, in questa fase, la ripresa dell’azzardo aumenterebbe i rischi di impoverimento.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
https://www.interris.it/intervento/lazzardo-dopo-il-lockdown-tutto-come-prima-o-anche-peggio/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)