Reggio Emilia: alcuni dati sul GAP
Reggio Emilia: alcuni dati sul GAP
Quante volte sorseggiando un caffé in un bar si vedono uomini con occhi incollati allo schermo della slot machine. O, in
tabaccheria, persone che comprano, oltre alle sigarette e alle marche da bollo, i Gratta e vinci. Per alcuni è un semplice
modo di tentare la fortuna, che finisce con una piccola delusione nel caso in cui non si vinca. Per altri, molti altri, è
invece un brivido che divora la vita, una malattia che fa dilapidare soldi e distrugge affetti e amicizie.
Quest'anno ha segnato il record di assistiti l"Azzardo point", il servizio offerto dal Comune di Reggio e dall'associazione
Papa Giovanni XXIII a chi è affetto da dipendenza da gioco d'azzardo patologico.
I NUMERI - "Da quando è nato lo sportello, nel 2000, abbiamo seguito circa 350 persone, in media 35 all'anno. Ma entro
dicembre 2010 conteremo circa un centinaio di persone, tra chi è già in trattamento e i nuovi ingressi. Non abbiamo mai
ricevuto tante richieste d'aiuto come quest'anno. Abbiamo avviato in maggio il quarto gruppo di sostegno, ed è già
strapieno". A parlare è Umberto Caroni, educatore professionale e responsabile del servizio. In via Guido D'Orso 14, dove si
trova lo sportello, arrivano persone in grande difficoltà "segnalate talvolta dalla famiglia o dai servizi pubblici: anche
perché noi siamo l'unico servizio riconosciuto e specializzato in quest'ambito". Dietro ci sono storie difficili: c'è chi, a
partire da una semplice "grattata" o da una scommessa sportiva, ha finito per spendere i risparmi di una vita, mettere in
difficoltà genitori, mogli e figli, perdere il lavoro e, magari, usare carte revolving per cercare di rientrare dai debiti e
cadere ancor di più, invece, nel baratro. Ed è evidente che i casi seguiti dall'Azzardo point rappresentano soltanto la punta
dell'iceberg: moltti altri potrebbero avere la stessa malattia, ma, per
tanti motivi - il problema non è ancora diventato "insormontabile", si pensa di poterlo gestire da soli, o per vergogna -
ancora non hanno chiesto aiuto.
LA CRISI - Come si spiega l'impennata di casi dell'ultimo anno? Caroni non ha dubbi: "Hanno inciso molto la crisi economica,
ma soprattutto l'ampia offerta di giochi e la possibilità, e semplicità, nel potervi
accedere in tanti posti diversi: bar, tabaccherie e punti Snai".
L'esperto spiega: "Alcuni studi dimostrano che nei periodi di recessione la gente tende a cercare di più la fortuna. Una
volta tornati a una fase di maggiore prosperità, il ricorso al gioco d'azzardo non diminuisce, ma si stabilizza". Facile
intuire il motivo: quando c'è maggiore difficoltà nel trovare o conservare il posto di lavoro, e i soldi scarseggiano, molti
tentano di fare il "grande colpo". Talvolta, però, ci si "accontenta" anche di meno. "Di questi tempi, per l'operaio o la
casalinga - precisa Caroni - è importante mettersi in tasca anche mille-cinquemila euro in più". Insomma, l'equivalente di
uno stipendio normale, buono o anche ottimo: una piccola, ma pur agognata, iniezione al conto corrente
L'OFFERTA - Fino a qua, però, non ci sarebbe nulla di nuovo: i periodi di magra, come quello che stiamo attraversando,
ciclicamente tornano e con essi anche il maggior ricorso ai giochi d'azzardo. Il vero problema, secondo Caroni, sta nella
politica portata avanti negli ultimi quindici anni: "Al di là degli orientamenti dei singoli governi, lo Stato ha sempre più
incentivato il gioco: e più si inducono i cittadini a giocare, più si riduce in loro la nozione dell'azzardo. In Italia
giocano 27 milioni di persone e, secondo una ricerca Nomisma, tra lo 0,5% e l'1% sono patologici".
L'IDENTIKIT - A Reggio, secondo una stima della Provincia, sono 400mila i giocatori e sono oltre 12 ila coloro che ormai non
riescono più a gestire il gioco: evidentemente solo una piccolissima percentuale
di loro chiede aiuto. E ci sono differenze tra i sessi: "Delle cinquanta persone che seguiamo da tempo, quarantacinque sono
uomini e cinque donne. I primi tendono a cadere più facilmente nella malattia,
ma anche a farsi seguire. Per le altre vale il contrario", afferma Caroni. Per il resto, è impossibile costruire un identikit
del giocatore dipendente: "Da noi vengono persone dai 24 ai 70 anni. Di solito hanno un lavoro e, talvolta, sono benestanti:
in teoria non dovrebbero aver bisogno dell'azzardo. Anche se, è evidente, il sogno della grande vincita attrae tutti".
LE TRAPPOLE - Tra le persone in trattamento, la maggior parte ha sviluppato una dipendenza dalle slot machine, dai
Gratta&vinci e dalle scommesse sportive; un po' meno dal Lotto (soprattutto donne). "Un tempo il sorteggio legato a certi
giochi avveniva con cadenze periodiche, ma distanziate l'una dall'altra. Ora, invece - spiega Caroni - molti giochi sono
diventati ad alta frequenza: sono ripetibili in poco tempo e danno la possibilità di puntare continuamente. Oltretutto, passa
il messaggio pubblicitario che vincere è facile. Noi pensiamo, invece, che talvolta una delle prime sfortune è vincere". A
questi si affiancano alcuni vecchi frequentatori di casinò: subendo il fascino del suo particolare ambiente, ne sono
diventati vittime.
Una nuova frontiera è invece rappresentata dai giochi online. "Permettono anche ai minorenni di giocare da casa. Ed è assurdo
che chiunque, anche i giovanissimi, comprando una scheda prepagata in tabaccheria, possa partecipare. Temo che nei prossimi
anni, se va avanti così, dovremo seguire molti ragazzi che non riescono più a staccarsi dal poker texano".