Nature Neuroscience: fissare i nostri smartphone può portare ad un comportamento depressivo
Fissare i nostri smartphone può portare ad un comportamento depressivo
Gli scienziati hanno identificato un percorso "depressivo" neuronale innescato dalla luce blu.
Un nuovo studio suggerisce che fissare lo smartphone o tablet, invece di andare a dormire, può portare alla depressione. Esperimenti cinesi suggeriscono che le emissioni nocive di luce blu del dispositivo durante la notte innescano un misterioso meccanismo neurale, portando a cambiamenti comportamentali.
Il team di ricerca ha scoperto che i topi esposti alla luce blu per due ore a notte per alcune settimane hanno iniziato a mostrare un comportamento depressivo. Tuttavia bloccando i segnali cerebrali che sono attivati dalla luce blu di notte, i topi non hanno più mostrato cambiamenti comportamentali.
Depressione, stare a contatto con le luci blu può causare cambiamenti comportamentali
Il percorso neurale responsabile di questo fenomeno può fornire informazioni su come l’esposizione alla luce eccessiva durante la notte influisce sull’uomo. Le fonti artificiali di luce blu includono lampadine fluorescenti, LED, televisori a LED a schermo piatto, monitor per computer, smartphone e schermi per tablet.
Un’ossessione per gli smartphone e una maggiore esposizione a questa luce artificiale hanno interrotto il sonno naturale e possono causare problemi psicologici. “Oltre a generare visione, la luce modula varie funzioni fisiologiche, incluso l’umore“, ha affermato il team di ricerca in Nature Neuroscience .
“Abbiamo dimostrato che la luce notturna induceva comportamenti depressivi senza disturbare il ritmo circadiano. Questi risultati possono essere rilevanti se si considerano gli effetti sulla salute mentale della prevalente illuminazione notturna nel mondo industriale.” Mentre la terapia della luce applicata di giorno ha proprietà antidepressive, un’esposizione eccessiva alla luce durante la notte è stata associata a sintomi depressivi, afferma il team.
L’inquinamento luminoso è comune nelle città moderne e il tramonto non è più considerato un “segnale per la fine della giornata”. Piuttosto, gli esseri umani sperimentano comunemente una “vita notturna troppo illuminata”, che ha sollevato preoccupazioni per gli impatti biologici dannosi, come l’umore.
L’esposizione eccessiva alla “luce notturna”, nota come “LAN”, deriva comunemente dall’uso di dispositivi elettronici come telefoni cellulari o tablet o da un “bagliore del cielo” da edifici illuminati nelle grandi città. Entrambi questi fenomeni hanno dimostrato di causare sintomi depressivi nell’uomo, ma i meccanismi neurali sottostanti questo effetto della luce notturna sono ancora sconosciuti.
Anche i topi esposti alla luce blu hanno mostrato lo stesso cambiamento
Per saperne di più, il team dell’Università di Hefei in Cina ha somministrato ai topi dosi di due ore di luce blu di notte per tre settimane nelle camere del laboratorio. Gli autori hanno osservato che gli animali hanno impiegato fino a tre settimane per sviluppare progressivamente un comportamento depressivo, misurato in base al comportamento di fuga ridotto e alla riduzione della preferenza per lo zucchero.
Questi comportamenti potrebbero durare per almeno altre tre settimane dopo la fine dell’esperimento. In particolare, il team ha identificato un percorso neurale che potrebbe spiegare questi risultati: una connessione tra un tipo specifico di recettore di luce nella retina a due aree cerebrali: il nucleo peri-obliqua dorsale e il nucleo accumbens.
Il blocco della connessione tra queste due aree ha impedito i cambiamenti comportamentali indotti dalla luce notturna. I ricercatori hanno anche scoperto che l’esposizione alla luce di notte ha attivato questo percorso molto più fortemente della luce durante il giorno, il che potrebbe spiegare perché l’esposizione alla luce diurna non abbia causato cambiamenti comportamentali.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
https://focustech.it/2020/06/03/smartphone-depressione-luce-blu-283985
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)