Come riconoscere una dipendenza dal digitale
Come riconoscere una dipendenza dal digitale
Restare connessi fino a tarda notte, uscire poco di casa perché si preferisce utilizzare un dispositivo, perdere interesse per le altre attività o trascorrere molto tempo davanti allo smartphone sono alcuni dei primi segnali che tipicamente suggeriscono si stia sviluppando una dipendenza digitale. Secondo uno studio promosso dal Dipartimento politiche antidroga e dal Centro nazionale dipendenze dell'Istituto superiore di sanità, in Italia sono più di 700mila gli adolescenti che hanno una dipendenza da web, social e videogame, con un quadro tutt'altro che in via di risoluzione per quanto riguarda lo cosiddetta internet addiction disorder (o dipendenza patologica da internet, in italiano).
A Wired Marisa Marraffino, avvocata esperta di diritto e reati informatici, dice: “La prima vera difficoltà è riconoscere il comportamento patologico e distinguerlo da quello sano. Spesso la differenza è sottile, eppure cogliere i primi segnali è fondamentale per intervenire in maniera tempestiva”.
Quando l’errore diventa una consuetudine
La dipendenza tecnologica non si manifesta da un giorno all’altro, ma è il risultato di un processo maturato nel tempo. A volte può derivare da problematiche psicologiche, in altri casi può originarsi da un profondo senso di solitudine o - più semplicemente - scaturire da una mancanza di conoscenza relativamente ai rischi associati agli strumenti digitali. In tutti i casi, però, la tempestività e l’aiuto delle persone sono essenziali per orientarsi verso una via d’uscita. “Un genitore dovrebbe notare i comportamenti anomali del figlio o della figlia, senza sottovalutare dinamiche psicologiche come la chiusura in se stessi o l’ansia generata dall’utilizzo delle tecnologie digitali - spiega l’avvocata -. Riconoscere questi segnali precoci è la chiave per evitare l’instaurarsi del meccanismo della dipendenza, prevenendo l’insorgenza di patologie come la depressione, lo stress cronico o altro”.
Oltre a cercare di sfruttare tutte le occasioni possibili per fare cultura su questi temi, anche con l'aiuto di professionisti e magari nelle scuole, è importante non lasciare mai solo chi sta imparando a familiarizzare con le dinamiche della rete, perché l’isolamento sociale può determinare un progressivo avvicinamento ad abitudini devianti. “Spesso agli adolescenti mancano gli strumenti per potersi difendere in autonomia dalle minacce dalla rete, come nel caso della pedopornografia o del revenge porn, purtroppo a volte non riconosciute come un vero e proprio reato, talvolta nemmeno dai genitori - specifica Marraffino -. L’educazione a un utilizzo consapevole della rete permette di conoscere i rischi e di evitare comportamenti che costituiscono un reato o che rappresentano un potenziale pericolo per noi stessi o per gli altri”. Del resto, occorre sempre ricordare che ci troviamo in una società dove i ragazzi e le ragazze, di norma, trascorrono buona parte del tempo libero connessi a internet e hanno continuamente rapporti interpersonali virtuali. Non è raro che comportamenti sbagliati, nonché veri e propri reati, diventino una consuetudine e - come tali - riconosciuti come socialmente accettabili.
Tra i trend emergenti, come è facile immaginare, anche l'uso e l'abuso dell'intelligenza artificiale: “Quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi è una rivitalizzazione del reato di condivisione di dati personali aitrui, a cui si abbina una carenza legislativa su temi come l’impiego dell’Ai per generare immagini”. Il caso tipico è quello di immagini non reali, ottenute tramite fotoritocco o manipolazione algoritmica di altre, che poi vengono utilizzate come sexting o addirittura revenge porn. “Per i minorenni le azioni di questo genere costituiscono un reato, mentre per gli adulti c'è un vuoto normativo da colmare, poiché al momento non si tratta nemmeno di una condotta perseguibile”.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
https://www.wired.it/article/dipendenza-digitale-internet-smartphone-segni/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)