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Nuove dipendenze: il mondo parallelo dei binge watcher

Nuove dipendenze: il mondo parallelo dei binge watcher

 

Il mondo parallelo dei binge watcher

C'è un confine della realtà che non si dovrebbe mai attraversare. È il margine che separa la visione della sana puntata della settimana con l'infinito abisso del binge watching. Prometti: "Mai più". Bugia. Lo rifai. Al finale di stagione giungi come un pugile stremato alla sesta ripresa: completamente suonato. Convivono sensazioni contrastanti: ti senti soddisfatto e stanco morto, svuotato e ubriaco, sfilacciato, dimagrito persino. Quindi basta. È stato bello, confuso, esaltante, ma grazie tante: l'esperienza è bastata. Ma menti ancora.

Le serie consumate in maratona sono una lunga marcia al massacro. Si corre sulla pista di una sola, interminabile storia suddivisa in decine di stagioni. Ciò che nel mondo reale è durato la bellezza di quattro anni in quello parallelo si restringe in una settimana. È il relativismo seriale. Einstein avrebbe apprezzato.

Si può fare da soli ma in coppia è meglio. È un po' come affrontare un lungo viaggio in macchina: se uno si addormenta l'altro guarda avanti e poi ti fa il riassunto di quello che ha visto. È un'insana abitudine che uccide il metabolismo del televisionario e lo costringe a ingerire nozioni, colpi di scena, stalli, senza soluzione di continuità, senza poter decomprimere. Una cura Ludovico autoindotta dallo streaming, materia e anti-materia che si annullano, la riserva di cioccolato nella credenza esaurita dopo ogni blocco da dieci puntate bevute a fondino.

È un farsi del male per farsi del bene. È dimostrare a se stessi che anni di Lost si possono recuperare in un pugno di giorni, che il lunghissimo Breaking Bad è un po' duro da digerire per le prime tre serie, da guardare a testa bassa e pugni stretti, ma poi vola, eccome; che Trono di Spade si pilucca con goduria come le ciliegie.

Ogni puntata dura in media quaranta minuti, recuperare stagioni intere si può: basta non dormire, mangiare cibo che si possa raccogliere in una ciotola comoda da cui attingere sul divano senza staccare gli occhi dallo schermo, annullare gli impegni e lo shopping (anche quello web), ignorare ogni altra cosa che non sia il tasto play e ritrovarsi d'improvviso nell'epoca a.f. (avanti facebook) quando l'uso alternativo del cellulare era solo il gioco del serpentello utile nella sala d'aspetto del dentista.

L'abbrutimento è progressivo. Si parte con una puntata. È l'inizio della fine. Ce l'hai lì, a portata di mano, tutto l'elenco completo, stagione per stagione, senza l'abisso della settimana canonica d'attesa e pensi: perché no, male non può fare. Che sarà mai. Si entra nel tunnel pavimentato di briciole di pop corn e cuscini sfondati. La dipendenza ti muta geneticamente senza che te tu ne accorga; improvvisamente sono le tre di notte, hai dormito a pezzi di dieci minuti nell'ultimo paio d'ore: risveglio brusco, sorsata d'acqua, rewind per capire quale scena fondamentale s'è dispersa tra sonno e veglia. Sui titoli di coda la decisione drastica: spegnere, andare a letto, ricominciare domani.

C'è sempre un cliffhanger irresistibile che spinge a macinare puntate su puntate, e tutto il resto sparisce: non c'è talent, film in prima visione assoluta, programma d'inchieste shock, documentario sui giaguari con la voce di Capone che possa soltanto scalfire la voglia che hai di ricominciare da dove avevi lasciato per sapere che fine ha fatto Walt, chi diavolo è John Locke e quando e se Frank diventerà presidente.

 

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.huffingtonpost.it/alessia-principe/il-mondo-parallelo-dei-binge-watcher_b_12114658.html?utm_hp_ref=salute

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)