Ossessione integratori, barrette e pillole al posto del cibo
Ossessione integratori, barrette e pillole al posto del cibo
Il giro d’affari sfiora i tre miliardi. Ogni italiano consuma quattro confezioni l’anno..
In media ogni italiano assume quattro confezioni e mezzo di integratori alimentari all’anno. Un giro d’affari da 2,6 miliardi: un mercato esploso tra il 1990 e il 2000 e da allora in costante crescita. In realtà si tratta di un business di dimensioni ancora maggiori perché sono rilevate dall’associazione dei produttori FederSalus soltanto le vendite nelle farmacie, parafarmacie e grande distribuzione.
E non le barrette proteiche, gli energy drink, i sali minerali, gli aminoacidi, le vitamine in pillole e tutti gli altri «health claims» che vengono acquistati su Internet e nei migliaia di distributori automatici negli aeroporti, sui posti di lavoro, nelle scuole, nelle stazioni ferroviarie e della metro, nei locali pubblici, nelle palestre.
Di questi «health claims» solo 200 su 4000 hanno ricevuto il riconoscimento dell’ Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare. Al boom commerciale degli integratori fa riscontro una serie di «alert» sui loro possibili effetti nocivi a partire da quello del 2013 della Food and Drug Administration statunitense fino a quelli delle associazioni di nutrizionisti società scientifiche internazionali. La Stampa ha ricostruito la «filiera» dei surrogati dell’alimentazione visitando aziende produttrici e gruppi di ricerca universitari con l’aiuto di scienziati dell’alimentazione, psicoterapeuti e dietologi che hanno in cura pazienti che hanno riportato seri gravi alla salute dall’abuso di integratori. Sono prodotti a libera vendita, quindi non serve prescrizione medica.
Automedicazione a rischio
«I danni provocati alla salute dalla “moda” di sostituire il cibo con pillole e barrette stanno diventando una vera emergenza sanitaria», avverte il nutrizionista Giorgio Calabrese, presidente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare. Ogni anno, tra Roma, Torino, Milano e Asti, il professor Calabrese cura più di cento casi di dipendenza da integratori.
«L’automedicazione è dannosa- afferma- . Gli integratori vanno prescritti dal medico per carenze come quella di ferro e non presi di testa propria come sostitutivi». La loro diffusione è dovuta alla loro praticità. «Le indicazioni scritte sulle confezioni sono così generiche (stanchezza fisica e psicologica, difficoltà di concentrazione) che chiunque ci si può riconoscere- precisa Calabrese -. E, poi, invece di variare l’alimentazione e calcolare le calorie, appaiono come una scorciatoia ”easy”, un modo comodo per delegare a chi ne sa. Adesso ce ne sono alcuni che si sciolgono sotto la lingua, non serve neanche l’acqua». Tra i pazienti soccorsi nel tunnel di questa dipendenza c’è un trentenne piemontese che lavora in un’istituzione europea. «Un bel ragazzo brillante che si era ritrovato lontano dai genitori e per insoddisfazione e latente depressione aveva cominciato a mangiare solo integratori, è arrivato da me pelle e ossa-. Quando gli ho chiesto il motivo, mi ha risposto: “Mi servono a fermare la fame”. Da quando ha chiuso con questi prodotti, è aumentato di massa senza ingrassare: ora è felice e sta bene. In un anno ha preso 9 chili ed è tornato a vivere perché non è più schiavo degli alimenti sostitutivi»
Consumatori compulsivi
A Bologna, alla scuola di psicologia dell’Alma Mater, lo psicoterapeuta Roberto Pani vede passare nel suo studio sotto le due torri decine di «compulsivi degli integratori». Situazioni di compulsioni psicopatologiche e dipendenze. Le cause psicologiche di una diffusione sempre più allarmante, sottolinea il docente di psicologia clinica e patologia del comportamento adulto, sono un’onnipotente volontà di controllo e la pericolosa suggestione che gli integratori mettano in moto dinamiche magiche, taumaturgiche, in grado di esorcizzare la paura di invecchiare e di morire. Le storie cliniche di autoriduzione in schiavitù da integratori hanno tratti mentali ed esistenziali ricorrenti.
Come nella terapia di Anna, anoressica nervosa. I suoi disturbi alimentari hanno origine, racconta Pani, dall’ elisir che credeva di aver scoperto. Iscritta con profitto all’università di Bologna, 25 anni, carina. Era fidanzata con Luca prima che dilagasse il demone dei nutrienti miracolosi . Quando Anna si decide a chiedere aiuto, i medici fanno giusto in tempo ad attaccarla ad un ago per alimentarla artificialmente. Pesa 35 chili, il ciclo è svanito da 2 anni, la pelle del viso rovinata in modo irreversibile, la dentatura devastata dalla carenza di calcio. Aveva sempre una scusa per le coinquiline che la rimproveravano per i pasti saltati. «Gli astronauti mangiano solo pillole». Pani prova a farle capire che sì gli astronauti si nutrono di prodotti simili che però sono ben armonizzati e scientificamente associati. Ma Anna pensa di poter fare da sola. «Assumeva solo integratori, diminuendone di continuo il dosaggio- sottolinea lo psicoterapeuta-. La dismorfofobia causava un delirio impedendole di vedere come si era ridotta».
La compulsione della dipendenza patologica dagli integratori la porta a un passo dalla morte, eppure ripete: «Non è vero che non mangio, mi basta questa bustina, ho la barretta, ho preso le compresse. Qui c’è tutto quello che serve per star bene». Una tendenza autodistruttiva tutt’altro che confinata alla popolazione giovanile. Alla scuola di psicologia chiede aiuto anche Claudio, 46 anni e un buon lavoro in banca. Sta male, perde tutti i capelli e i peli e non sa perché. Gli specialisti lo sottopongono ad ogni genere di esame, ma non riescono a dare un nome alla sua malattia finché uno di loro gli chiede come ultimo tentativo: «Non è che assume medicinali o altre sostanze?». Claudio prima minimizza. «Prendo giusto qualche vitamina». Poi elenca a quali integratori ricorre. E’ un quantitativo sproporzionato rispetto alle esigenze del corpo umano. Un’intossicazione quasi letale dalla quale lo salvano un ricovero d’urgenza e una terapia di due anni da tre sedute a settimana.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)