Perché non riusciamo a rinunciare a Facebook
Perché non riusciamo a rinunciare a Facebook
Facebook è morto, lunga vita a Facebook. A valle dell’affaire Cambridge Analytica, in molti hanno dato per spacciato il social network di Zuckerberg, reo di aver utilizzato impropriamente (molto impropriamente) i dati in suo possesso, condividendo informazioni sensibili con app terze senza che gli utenti ne fossero consapevoli e violando così le condizioni di utilizzo accettate dagli utenti stessi al momento dell’iscrizione. Non è certamente la prima volta che accade, ma le dimensioni dello scandalo, in questo caso, sono state particolarmente importanti – si parla di oltre 50 milioni di utenti coinvolti – tanto che il ceo di Facebook si è dovuto sottoporre a due audizioni al Congresso statunitense per cercare di fare chiarezza sull’accaduto. Diverse personalità del mondo della tecnologia (e non solo) hanno preso posizioni perentorie: Elon Musk, per esempio, ha cancellato tutti i profili Facebook delle sue aziende, mentre Brian Acton, cofondatore di WhatsApp (ora di proprietà di Facebook) ha lanciato la campagna #deleteFacebook, invitando esplicitamente gli utenti a cancellarsi dalla piattaforma.
Questione di protesi
La questione di abitudini e dipendenze dallo smartphone è stata ampiamente indagata da Derrick de Kerckhove, giornalista e sociologo belga che, nel saggio “La pelle della cultura e dell’inntelligenza connessa”, è arrivato a definire lo smartphone come protesi antropomorfa, che ha generato una mente accresciuta: “Lo smartphone”, commenta ancora Caggiano, “è diventato ormai un’estensione del nostro corpo. E, in quanto tale, diventa estremamente difficile staccarsene: da un punto di vista psico-sociologico non si può fare a meno di questa protesi antropomorfa perché, proprio come altre protesi, contribuisce alla determinazione della propria identità”. Smartphone e social network, secondo de Kerckhove, avrebbero addirittura contribuito a sostituire l’inconscio individuale con un inconscio digitale, “un insieme di dati, informazioni e saperi di cui ci si alimenta in continuazione online. Un inconscio non individuale ma globale, che ha una velocità estrema nel facilitare l’accesso alle sue componenti informative e di far emergere a livello conscio la marea di dati in esso contenuti e in modo che possano essere usati in tempo reale”, e la cui forza “è tale da cambiare i comportamenti delle persone e la loro etica comportamentale sia individuale sia sociale”. E quindi, di conseguenza, a tenerci incollati alla piattaforma.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
https://www.galileonet.it/2018/04/cancellarsi-rinunciare-facebook/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)