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"Sexting", "Binge drinking" e cyberbullismo: generazione a rischio esibizionismo e alcol

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"Sexting", "Binge drinking" e cyberbullismo: generazione a rischio esibizionismo e alcol
Adolescenti che si spogliano in webcam cadendo nelle trappole di ricattatori esperti, ragazzine che per farsi notare dagli amici di scuola mostrano foto amiccanti sul web, rischiando di finire della rete della pedopornografia. Fenomeni che - secondo l'Eurispes - arrivano a toccare anche il 10% dei giovanissimi. Intanto aumenta la percentuale di chi consuma vino e birra tra gli adolescenti, passata dal 14,5 al 16,9%. E loro raccontano: "Bevo perché mi serve, sono stressato"

 

 

Fabio ha 16 anni. Vive in lombardia. E' sera tardi quando su una videochat conosce due ragazzine. Una si toglie i vestiti. "Dai, spogliati anche tu", gli dicono. Lui obbedisce, e si leva tutto davanti alla webcam. Sembra un gioco divertente. Presto, però, la musica cambia. E le due lolite in mutandine e reggiseno si trasformano in ricattatrici navigate: "Adesso ci dai 250 euro e il numero della carta di credito dei tuoi genitori - minacciano - altrimenti mettiamo il video su Facebook e lo facciamo vedere a tutti i tuoi amici".

Storie come queste arrivano al telefono Azzurro quasi ogni giorno. E la violenza che ha subito Fabio ha un nome: "sexting". Un fenomeno in aumento esponenziale in tutta Europa. In generale con questo termine si intende l'invio di foto e video a sfondo sessuale. Immagini che vengono mandate ad amici, fidanzati, adulti, anche sconosciuti. Il 6,7% degli adolescenti italiani - dice l'ultimo rapporto Eurispes - ha mandato foto o video di questo tipo e il 10,2% li ha ricevuti. Una moda pericolosa, in crescita tra gli adolescenti come un'altra allarmante tendenza: il "binge drinking" - il bere per sballarsi - è in grande aumento tra i ragazzini italiani. Secondo i dati del ministero della Salute ormai beve quasi il 17 per cento dei giovanissimi.

"Sexting" e "binge drinking" hanno una radice comune, secondo gli esperti di Telefono Azzurro: la mancanza di dialogo con il mondo dei "grandi", in particolare con i genitori. Un problema figlio della famiglia moderna in trasformazione, frutto della riduzione della rete degli affetti.

Lo fanno in tante. Lo fa anche una ragazza che incontriamo davanti a un istituto tecnico della periferia di Roma. Ha 16 anni e i capelli rossi, non dice il suo vero nome, dalle amiche si fa chiamare Morena. Sul suo profilo ci sono foto ammiccanti, con il decolleté ben in vista. "Lo facciamo per attirare l'attenzione. A volte mi scrivono persone più grandi, sconosciuti che cercano di incontrarmi. Qualcuno offre dei soldi. Con me non attacca, ma ci sono delle mie amiche che ci cascano: su Facebook mettono foto in reggiseno e mutande. Lo fanno perché hanno un bel fisico e sentono di doverlo mettere in mostra. E quando persone più grandi chiedono di incontrale, accettano. Sono ingenue, pensano di ottenere soldi senza fare nulla in cambio".

Un'arma del cyberbullismo. Il "sexting" è un fenomeno a più facce. Ci sono le tredicenni che postano foto o video ammiccanti su Facebook per farsi notare dagli amici di scuola, le ragazzine che si lasciano convincere da un adulto conosciuto in Rete e che si spogliano davanti a una webcam in cambio di una ricarica telefonica. Ma il "sexting" può diventare anche un'arma del cyberbullismo: capita sempre più spesso che un adolescente lasciato dalla fidanzatina decida di usare internet per vendicarsi. Così mette su Youtube o su Facebook il video della ex nuda fatto qualche mese prima.

Il rischio pedopornografia. "I ragazzi non si rendono conto che quei video e quelle foto possono finire nel giro della pedopornografia - spiega la psicologa Barbara Forresi, coordinatrice del centro studi di Telefono Azzurro - e chi li diffonde commette un reato". Dunque "sexting" significa anche bullismo, fenomeno che si è radicalmente trasformato negli ultimi 20 anni. Un quinto dei ragazzi italiani - si legge sul rapporto Eurispes - ha ricevuto o trovato su internet informazioni false sul proprio conto. Ma ci sono anche casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi. "Oggi i bulli hanno molti più strumenti a disposizione - spiega Forresi - e possono fare molto più male. Un conto è prendere in giro un compagno di classe davanti a qualche amico di scuola, tutt'altra storia è mandare un video umiliante a 500 persone".

La psicologa: "Si parla poco di sessualità in famiglia". Ma non si tratta solo di strumenti a disposizione. Anche di come sono cambiati i ragazzi e di come si è trasformato il rapporto genitori-figli. Spiega ancora la dottoressa di Telefono Azzurro: "I genitori parlano poco di sessualità, e la ricerca di una sessualità su internet è l'esito di una carenza di dialogo con i ragazzi. E' come se le situazioni più problematiche non venissero affrontate. Il risultato è che i ragazzi sono più soli e più impreparati, hanno maggiori competenze su molti aspetti, ma non hanno gli strumenti per gestire le emozioni. Tanto che il 17 per cento degli adolescenti italiani si sente spesso angosciato o impaurito. Il problema è che tutti hanno meno tempo, è una vita in corsa. Generalizzare, ovviamente, è sbagliato. Ma è vero che se da un lato c'è una maggiore presenza affettiva da parte delle madri e dei padri, dall'altra c'è una perdita del ruolo genitoriale, i genitori stessi ci dicono che hanno bisogno di aiuto".

Il binge drinking, bere per sballarsi. Le conseguenze della mancanza di dialogo prendono anche altre forme. I ragazzini che praticano il "binge drinking" sono in continuo aumento. Cresce in particolare la percentuale di ragazze tra 14 e 17 anni che consumano bevande alcoliche: è raddoppiata in 15 anni, toccando il 14,6%. Numeri allarmanti contenuti nell'analisi del ministero della Salute per l'Ottava relazione al Parlamento su alcol e problemi correlati. Nel decennio 2000-2010 sono aumentati i ragazzi che consumano vino e birra, ma anche superalcolici, aperitivi e amari. I giovanissimi tra i 14 e i 17 anni sono passati dal 14,5% al 16,9%. Molto più bassa la percentuale dei ragazzi che fanno uso di droga. Il 2,1% dei ragazzi ha fatto uso di ecstasi o altre droghe sintetiche e l'1,9% di cocaina. Ha provato marijuana e hashish il 9,4%.

Incontriamo Roberto e i suoi amici in un parco pubblico di Roma. Sono adolescenti "normali", con le facce pulite. Frequentano il liceo classico: "Bevo da un anno - racconta Roberto - da quando avevo 13 anni. Cinque o sei bicchieri a botta. Anche di più. Cocktail, "shortini", un po' di tutto. Poi inizio a divertirmi. Mi ubriaco due volte a settimana. I miei genitori sanno che bevo, ma non sanno gli eccessi. Quando arrivo a casa cerco di nascondere che sono brillo. Lo faccio per dimenticare i problemi. So che mi fa male, ma non mi importa". "Quello che mi piace di più è l'Angelo Azzurro - gli fa eco Marco - ma non so cosa c'è dentro. Bevo perché sono stressato. Un po' di alcol serve". Anche Samuele ha 14 anni: "Vado in discoteca da quando ho 12 anni. Si balla e ci si diverte. E si beve quanto ti pare".


"Ascoltateli, cercate di capire il loro mondo
Solo così potrete essere autorevoli" Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta, è esperto di disagio giovanile
Parla lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet. "La responsabilità di questi comportamenti non va cercata solo nella famiglia. Per gli adolescenti gli esempi vengono più dai gruppi sociali (amici, scuola) in cui vivono. I genitori devono sapere, essere competenti per poter intervenire"
ROMA - Ascoltare i ragazzi. Entrare nel loro mondo. Questa la ricetta dello psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet per aiutare i nostri figli a evitare comportamenti "a rischio". Per diventare competenti, credibili e autorevoli ai loro occhi. Per guidarli in un mondo bombardato dalle informazioni, in cui la famiglia tradizionale viene spesso sostituita da una nuova "famiglia sociale": il gruppo.

Professore,"sexting" e "binge drinking": perché questi comportamenti? Di chi è la responsabilità?
"La responsabilità non va cercata solo nella famiglia tradizionale. E' anacronistico. Sono i coetanei a dettare le regole di comportamento. Succede sia per i maschi, che per le femmine. Il gruppo degli amici è diventato una sorta di "famiglia sociale" per gli adolescenti. Svolge funzioni di consolazione, di appoggio, sostituisce la famiglia. Ed è ricercato dai ragazzi fin dalle elementari. Il gruppo assorbe modelli e valori dalla tv e della sottocultura delle pubblicità. Non sono certo i genitori ad aver inventato il piercing, i tatuaggi o gli spinelli. E' il gruppo. Il contesto sociale istiga al successo, alla visibilità, alla bellezza. Obiettivi difficili da realizzare: per questo gli adolescenti cercano di "sostenersi" in qualche modo. Per esempio con l'alcol o con le "canne". Le responsabilità dei comportamenti rischiosi dei ragazzi vanno divise tra le varie "famiglie": il gruppo, la famiglia tradizionale, la scuola".

Cosa può fare una madre o un padre di fronte a un disagio o a un comportamento che sembra rischioso?
"Stare vicino al ragazzo come faceva durante l'infanzia. Certo, è diffcile essere i genitori degli adolescenti attuali, precoci sia dal punto di vista sessuale che sentimentale. Perché questa precocità rende complicato per un genitore il confronto con la propria adolescenza. Quello che si può fare è cercare di capire senza avere la presunzione di sapere già. Anche io da psicoterapeuta degli adolescenti in crisi ho visto che i miei ricordi di infanzia e dell'adolescenza non servivano più a comprendere il ragazzino che avevo di fronte. Quindi gli chiedo: "Perché bevi? A che ora inizi? Chi c'è con te?". Bisogna informarsi, fare domande: "Perché ti fai il tatuaggio? Perché ti fai il piercing?". Bisogna dire a nostro figlio: "Siediti qua, fammi capire"".

Come fa un genitore ad accorgersi di un comportamento "a rischio"?
"Si deve cercare di mantenere un contatto con i ragazzi. Il che non vuol dire essere buonista, sottomesso, amico dei figli. Anzi, significa essere molto autorevole e competente. Perché se gli adolescenti hanno la sensazione di parlare con un adulto competente, allora si aprono. I genitori oggi sono preoccupatissimi. E non sanno come intervenire. Considerano l'adolescenza un pericolo, qualcosa che rovina i bambini. Ma così facendo, rischiano di perdersi un evento meraviglioso: l'adolescenza".

Dunque meno preoccupazione e più disposizione all'ascolto da parte dei genitori: questa può essere la ricetta per aiutare i figli a non cadere in comportamenti rischiosi?
"Sì. Ma che sia ascolto vero. Quando 20 anni fa hanno cominciato ad arrivare da me ragazzini di liceo classico con piercing o tatuaggi, ho trasecolato. Pensavo che fosse roba da galeotti o da mozzi delle navi. Invece ho scoperto che era solo moda. Ecco: bisogna essere curiosi. Dobbiamo avere la curiosità di interpretare l'adolescenza. Ai genitori dico: "cercate di dimenticare la vostra adolescenza e identificatevi con questi ragazzi. Cercate di capire le loro ragioni. Questo non vuol dire dargli ragione, ma recuperare la nostra autorevolezza. Se dimostriamo di non sapere nulla della realtà in cui vivono, non potremo mai essere credibili ai loro occhi. Se invece ci facciamo spiegare bene il loro mondo, allora diventiamo competenti". E a quel punto si può aprire un dibattito, un discorso educativo e culturale".

Perché le ragazze mettono foto provocanti su internet?
Su internet si instaurano delle relazioni anche intime, a volte spudorate, ma senza corpo. Questo permette alle ragazze di testare la loro capacità seduttiva: possono verificare se sanno attirare l'attenzione del maschio senza avere una relazione concreta. Certo, c'è da allarmarsi, ma non da criminalizzare. Ricordiamoci che la tv e internet mettono continuamente i ragazzi a contatto con l'osceno, con il pedofilo, con il porno. Basta schiacciare un bottoncino. In passato erano cose molto lontane, e la famiglia poteva tentare di costruire una censura positiva. Adesso è impossibile filtrare le informazioni. Oggi già a sei sette anni i bambini sono bombardati. Sta a noi aiutare i ragazzi a usare internet e a metterli in guardia sui rischi che corrono. E per fare questo dobbiamo diventare competenti: se parliamo di internet come di un luogo frequentato solo da criminali e di pedofili, loro ci risponderanno che "siamo fuori di testa". Insomma: se siamo "analfabeti" su certe cose, non saremo mai convincenti. Bisogna trovare un'altra pista. Altrimenti non ci daranno mai retta quando daremo un consiglio sensato.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)