Abuso e Dipendenza da tramadolo: un fenomeno emergente
Abuso e Dipendenza da tramadolo: un fenomeno emergente
Il tramadolo è una sostanza oppiacea solitamente indicata come “debole”, la cui prescrizione è più agevole di quella degli altri oppiacei (ricetta normale non ripetibile). Trova uso come antidolorifico, spesso utilizzato quando altri antidolorifici hanno fallito. Esiste sia da sola che in combinazione con il paracetamolo.
Nomi commerciali: Contramal, Patrol, Adamon, Fortradol, Tradonal, Bizytram, Dotran, Prontalgin, Traflash, Tramamed, Tramalin, Unitrana, Unitramarim, Dextra, Lenizak, Kolibri.
Così come gli altri oppiacei ad uso medico, anche il tramadolo ha un rischio di indurre dipendenza. Indurre dipendenza significa che la persona che lo usa, per qualsiasi motivo abbia iniziato a usarlo, se lo usa in maniera frequente o continuata può trovarsi ad avere un vero e proprio “appetito” per questa sostanza, al di là degli effetti potenzialmente utili. Avendo questo appetito la persona tende a usarlo in maniera continua, anche se a dosi magari variabili, e quindi sviluppa inevitabilmente uno stato di assuefazione, cosa che lo spinge ad aumentare le dosi per riprodurre l'effetto desiderato, e ad avvertire sintomi opposti (astinenza) quando l'effetto della dose finisce.
Questi connotati sono comuni a tutte le dipendenze. Il punto è che degli oppiacei “medicinali” si ritiene spesso che siano più sicuri. Va ricordato che gli oppiacei poi divenuti “famigerati” avevano in origine uso medico, e che a deciderne poi l'esclusione, o la limitazione negli impieghi è stato proprio il fatto che si potevano creare dei canali impropri di prescrizione e uso, destinati a indurre o sostenere dipendenze. Negli ultimi anni ci sono stati diversi casi di dipendenze da oppiacei medicinali, dal “krokodil” russo (per lo più usato dai tossicodipendenti perché più facile da reperire e efficace), all'epidemia di ossicodone che in USA sta soppiantando quella da oppiacei classici (eroina). La “debolezza” dell'oppiaceo non deve trarre in inganno sul suo potenziale di indurre dipendenza. La caratteristica che induce dipendenza non è la potenza in senso farmacologico, quanto la rapidità d'azione, che dipende sia dalla lipofilia del composto, sia dalla via di somministrazione. Quando un oppiaceo, anche debole come effetto sul recettore, si concentra però rapidamente in alcune aree del cervello, riesce a innescare il meccanismo dell'”appetito” crescente, portando quindi alla dipendenza. L'eroina, ad esempio, non è tra gli oppiacei potenti, ma è invece tra quelli rapidi.
Rispetto agli oppiacei classici (m-agonisti), il tramadolo ha anche proprietà simili a quelle di un antidepressivo (a doppia azione, su reuptake di serotonina e adrenalina), per cui nel sovradosaggio può dare fenomeni eccitatori, così come nell'astinenza fenomeni simili a quelli dovuti alla sospensione brusca di antidepressivi. La molecola somiglia alla venlafaxina, e l’astinenza include infatti sia elementi di astinenza da oppiacei, che sintomi come scosse, formicolii, vertigini tipiche della sospensione di alcuni antidepressivi.
I casi di dipendenza da questa sostanza consistono nel consumo non controllato e disorganizzato del prodotto, in una condizione di crescente ansia e malumore, nonché terrore di rimanere senza, e ricerca urgente di approvvigionamenti tramite medici. Tipicamente i medici cambiano, o ad un certo punto si rifiutano di prescriverlo, o la persona ricorre a più fonti. Alcune persone falsificano ricette o cercano altri espedienti per procurarselo.
Gli oppiacei “legali” possono rappresentare una forma di ricaduta o di approdo in soggetti che abbiano prima provato eroina, perché inizialmente risolvono il problema del costo, dello status illegale e della frequentazione di ambienti clandestini. In realtà dopo il problema si fa equivalente, perché i comportamenti tossicomanici producono danni simili. Stesso discorso che chi inizia con il tramadolo senza aver provato altri oppiacei. In questo caso si tratta più spesso di donne, e di età anche avanzata.
Per quanto riguarda la cura, è importante precisare un principio generale di approccio alla dipendenza da oppiacei. La diagnosi di dipendenza da oppiacei ha due implicazioni: 1) la tendenza al decorso a ricadute; 2) il fatto che la ragiona dell'assunzione non riguarda il disagio alla sospensione, cioè l'astinenza, ma se mai è l'inverso: l'astinenza è una complicazione causata dalla spinta ad assumere l'oppiaceo spesso e a non riuscire a staccarvisi gradualmente
Una volta chiarita la diagnosi, la dipendenza richiede quindi una terapia analoga a quella normale per tutte le dipendenze da oppiacei, e cioè la terapia con agonisti (buprenorfina, metadone).
Gli errori metodologici diffusi nell'approccio alle dipendenze da eroina rischiano di essere ripetuti di fronte a “nuovi” oppiacei, specie se considerati “deboli” e quindi inoffensivi o facili da togliere.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)