British Medical Journal: effetti dell'uso prolungato di antidolorifici
Gli antidolorifici assunti in alti dosaggi fanno male al cuore
Lo studio su 10 milioni di persone
Il rischio di scompenso cardiaco aumentato del 19% in particolare nei pazienti anziani Il cardiologo Agostoni avverte «È l’uso cronico e prolungato che può provocare problemi cardiaci, non si piò vivere di antinfiammatori, esistono alternative»
Antinfiammatori non steroidei come ibuprofene, naproxene, nimesulide sono spesso usati per alleviare il dolore e le infiammazioni. Milioni di italiani li utilizzano contro dolori di ogni tipo: dal mal di testa, al mal di denti. Oggi però uno studio internazionale coordinato dall’Università Bicocca di Milano pubblicato sul British Medical Journal mette in guardia sull’uso di questi farmaci. Il rischio di problemi cardiovascolari e di ricoveri ospedalieri correlati aumenta infatti fino al 19% nei pazienti che assumono abitualmente farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).
La ricerca di tipo statistico ha coinvolto quasi 10 milioni di persone (età media di 77 anni) in quattro Paesi europei: Gran Bretagna, Olanda, Italia e Germania e sono stati osservati 92.163 ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca.
I farmaci
Negli utilizzatori in tempi recenti, cioè da meno di due settimane, di un qualunque farmaco antinfiammatorio non steroideo è stato riscontrato un rischio di ricovero maggiorato del 19% rispetto a chi aveva utilizzato per l’ultima volta uno di questi farmaci più sei mesi prima. Ogni analgesico, inoltre, è associato a un rischio diverso che cambia a seconda del dosaggio. Gli esperti hanno evidenziato l’esistenza di un nesso tra uso di analgesici e rischio cuore, in particolare per sette Fans tradizionali (diclofenac, ibuprofene, indometacina, ketorolac, naproxene, nimesulide, piroxicam) e due COX2 inibitori (toricoxib e rofecoxib). L’aumento di rischio di ricovero ospedaliero variava dal 16% per il naprossene all’83% per il kertolac.
Rischi legati ai dosaggi
Il rischio è risultato comunque direttamente proporzionale al dosaggio, che in alcuni casi era addirittura raddoppiato rispetto alle dosi più elevate sperimentate. In un editoriale che ha accompagnato l’articolo due ricercatori danesi hanno sottolineato come anche «un piccolo aumento del rischio cardiovascolare è preoccupante per la salute pubblica. E il fatto che siano farmaci da banco alimenta il malinteso comune che i FANS siano innocui e sicuri per tutti». Il professor Peter Wissberg, direttore alla British Heart Foundation ha spiegato: «Questo studio molto ampio rafforza una precedente ricerca che dimostra come alcuni Fans utilizzati in pazienti con problemi articolari aumentano il rischio di malattie cardiache. Ciò vale soprattutto per coloro che li assumono quotidianamente piuttosto che solo occasionalmente».
Chi rischia e i farmaci alternativi: il parere dell’esperto
«Non è la pastiglia presa una volta ogni tanto per i dolori del ciclo mestruale o per il mal di testa che deve spaventare - rassicura il professor Piergiuseppe Agostoni, responsabile dell’area cardiologica critica dell’ospedale Monzino di Milano - È l’uso cronico e prolungato che fa male. Devono stare attente quelle persone che vivono di antinfiammatori: chi prende una o due pastiglie al giorno ha un aumento di rischio sia della forma ischemica sia dello scompenso».
Ma quali possono essere le alternative, soprattutto negli anziani che più spesso vanno incontro a dolori cronici? «Le persone più in là con l’età, che sono quelle che più spesso vanno incontro a dolori acuti - aggiunge il professor Agostoni - vanno trattate il più possibile con farmaci non di questa categoria. Si può pensare per esempio a piccole dosi di cortisone o ad alternative come la ionoforesi o altre terapie con il calore. Solo nei casi più seri dove non ci sono alternative valide vanno usati gli antinfiammatori non steroidei. Non sono da mettere all’indice, ma neppure vanno assunti troppo alla leggera. E anche i medici di base ci devono pensare, più del paziente stesso».
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)