Cyberbullismo e depressione, i rischi dei social media secondo i pediatri
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Cyberbullismo e depressione, i rischi dei social media secondo i pediatri
di Cristiana Pulcinelli | tutti gli articoli dell'autore A 10-11 anni già passano il loro tempo libero davanti a uno
schermo a cercare gli amici su Facebook. E chi più ne ha, è più fico. Poco importa che il social network richieda di avere
almeno 13 anni per iscriversi, tanto basta falsificare la data di nascita.
Navigare sui social media è probabilmente l'attività più comune tra i bambini e gli adolescenti di oggi. Un fenomeno che è
cresciuto a dismisura. In Italia, una ricerca condotta da Eurispes e Telefono Azzurro alla fine del 2009 stima che il 71,1%
degli adolescenti abbia un profilo su Facebook. Secondo un recente sondaggio negli Stati Uniti, il 22% dei teenager entra nel
suo social media preferito almeno 10 volte al giorno e oltre il 50% almeno una volta al giorno. E il New York Times riportava
qualche giorno fa i risultati di un'indagine condotta da ComScore, una ditta americana che si occupa di traffico Internet,
secondo cui 3,6 milioni di visitatori di Facebook negli Stati Uniti hanno meno di 12 anni.
Qualcuno comincia a preoccuparsi di questi dati. Pediatrics, la rivista dell'associazione dei pediatri americani, pubblica
sul numero del 3 aprile un articolo sull'impatto dei social media sui bambini e gli adolescenti. Per "social media" si
intende ogni sito web che permetta interazioni sociali: da Facebook e MySpace ai siti per giocare on line, dai mondi virtuali
come i Sims e Second Life a siti di video come Youtube, fino ai blog.
I pediatri americani non demonizzano: usare i social media può avere effetti positivi sui ragazzi. Si può rimanere in
contatto con gli amici e trovarne di nuovi, scambiare idee, musica, informazioni utili. Si può partecipare a progetti comuni
sia scolastici che di altra natura. Ma, avvertono, ci sono anche diversi rischi. Il cyberbullismo, per cominciare, ovvero l'
uso deliberato dei media digitali per comunicare notizie false, imbarazzanti o ostili su qualcun'altro. Il cyberbullismo è
più diffuso delle molestie, è un fenomeno che avviene tra persone della stessa età, ma può portare a conseguenze psicologiche
gravi come depressione, ansia, isolamento e, a volte, suicidio. Un altro fenomeno rischioso è il sexting, ovvero mandare o
ricevere messaggi sessualmente espliciti, immagini o fotografie tramite computer o cellulare. Secondo uno studio citato
dall'articolo, il 20% dei teenager americani ha mandato in giro foto o video in cui viene ripreso nudo o seminudo, con il
rischio di entrare in un giro di pornografia. C'è poi un nuovo fenomeno da tenere sotto controllo per bambini e adolescenti
che passano molto tempo sui social network: la depressione da Facebook. Gli psicologi ritengono che l'intensità del mondo
online possa creare una vera e propria dipendenza. "Anche questa, come qualsiasi forma di dipendenza - spiega Stefano Vicari,
primario di neuropsichiatria infantile al Bambin Gesù di Roma - può scatenare una depressione". La conseguenza può essere,
paradossalmente, l'isolamento sociale, oppure, se il ragazzo cerca un aiuto in Internet, il rischio di imbattersi in siti che
promuovono l'uso di sostanze stupefacenti o di comportamenti autodistruttivi. Un altro pericolo da non sottovalutare è la
pubblicità che ormai viene inviata in modo mirato, a seconda dei comportamenti di chi naviga in rete. In questo modo il
messaggio ha una forza di penetrazione molto più alta e può influenzare non solo la tendenza all'acquisto, ma anche la
visione del mondo degli adolescenti e, soprattutto, dei bambini..
Negli Stati Uniti c'è una legge, il Children's Online Privacy Protection Act approvato nel 1998, che obbliga i siti Web che
prendono informazioni dai bambini al di sotto dei 13 anni a ottenere il consenso dei genitori. Ottenere questo consenso,
tuttavia, è cosa complessa e costosa, così compagnie come Facebook e Google, che possiede YouTube, hanno deciso di non
accettare tra gli iscritti chi ha meno di 13 anni. Ma c'è l'escamotage di falsificare la data di nascita, a volte con l'aiuto
di mamma e papà. Che i ragazzi mentano sulla propria età non è strano, ma il fatto che i genitori diano il loro consenso può
generare una certa confusione su quali siano le regole da seguire, dicono i pediatri, oltre ad esporli ai rischi dovuti al
fatto che sono bambini e quindi hanno scarsa capacità di autoregolazione e sono molto suscettibili alla pressione dei loro
coetanei. "I bambini devono imparare un uso equilibrato di questi strumenti - dice Stefano Vicari - per questo bisogna che
quando girano sui social media abbiano un genitore vicino. A volte pensiamo che i nostri figli debbano essere lasciati liberi
perché troveranno la strada da soli, ma i bambini non sanno cosa sia giusto e cosa no, glielo dobbiamo insegnare noi". L'
associazione dei pediatri americani si raccomanda che i genitori tengano sotto osservazione l'uso che i propri figli fanno
dei mezzi informatici, magari imparando a navigare se non lo sanno già fare. E i pediatri potrebbero avere un ruolo
importante: "L'Italia - ricorda Vicari - è uno dei pochi paesi ad avere i pediatri di famiglia: se fossero sensibili a questa
nuova forma di dipendenza, riuscirebbero a individuare prima un eventuale problema e quindi intervenire per tempo".