Italia, è boom di psicofarmaci: riflessioni su un fenomeno sociale in crescita
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di Antonella Scamarcio
Cosa succede in un paese in forte crisi economica, culturale, politica? Come ci si relaziona di fronte a questa crisi, a
questo nuovo Medio Evo? O si combatte politicamente questo stato di cose, ognuno secondo le proprie convinzioni e
potnenzialità piùo meno politico-sociali-culturali, o ci si organizza in proprio curando il proprio orticello e barricandosi
dietro le mura domestiche, o ci si rassegna subendo i torti di questa strana epoca! Ma non tutti sono firti e motivati allo
stesso modo. Esistono tante persone deboli che cadono in depressione non solo economica, ma psicologica: secondo l'ultima
relazione del "Rapporto Osserva Salute", un'analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell'assistenza
sanitaria nelle regioni italiane, si registra un vero e proprio boom del consumo di psicofarmaci, per gli antidepressivi l'
aumento è del 310% sui consumi dal 2000 al 2008. Probabilmente è un dato da riferire ad un accresciuto disagio sociale, con
una certa diminuzione dello stigma legato al disagio psicologico e quindi con una maggiore facilità personale a parlarne con
il proprio medico e ricevere una prescrizione farmacologica. Riguarda tutte le fasce di età, giovani, adulti, anziani e
bambini. I giovani si caratterizzano per un inquietante dato di consumo ludico, li chiamano "Farma-Party" in America, dove
spopolano, noi stiamo importando questo stile: svuotare gli armadietti dei psicofarmaci a casa - mamma e papà si ingozzano di
ansiolitici, antidolorifici, antidepressivi - e andare alla festa belli di carichi di droga legale da innaffiare con alcol.
Nel frattempo un anziano su dieci assume cinque o più farmaci psicoattivi al giorno tra analgesici oppioidi, ansiolitici e
sedativi e si stima che siano circa settantamila i bambini italiani che ricevono cure di tipo psicofarmacologico. Secondo
l'ultimo rapporto Osmed, Istituto che si occupa di monitorare il consumo dei farmaci in Italia, dal 2008 le sostanze
psicoattive occupano il terzo posto in classifica, dopo i cardiovascolari e i gastrointestinali. Secondo L'Osservatore
europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, le benzodiazepine, sono al terzo posto dopo alcol e cannabis come causa di
incidenti stradali, chi fa uso di questo tipo di psicofarmaci corre un rischio di incidenti stradali 5 volte superiore a chi
non ne fa uso. Una popolazione che cerca sempre di più la soluzione a qualsiasi disagio in una pillola, si afferma
prepotentemente la cultura della fuga dalla sofferenza attraverso il ricorso a sostanze psicoattive per la gioia delle
multinazionali del farmaco e del mercato di droghe illegali. Una popolazione che soffre, che ha una percezione di
inadeguatezza, di incapacità a gestire i propri impegni, i propri figli, la situazione lavorativa, la propria vita, gli
eventi che sempre più spesso sono difficili, stressanti e qualche volta traumatici. Ma non siamo una popolazione di malati!
Molte di queste esperienze sgradevoli nella vita non sono di interesse medico e quindi neanche farmacologico, molti di questi
aspetti attengono ad una area diversa da quella medica, attengono al mondo della psicologia e degli psicologi, con le
rispettive diverse competenze così come diverse sono le aeree di intervento, dalla psicologia della salute alla psicologia
dello sport, dalla psicologia delle organizzazioni a quella del lavoro, dalla psicologica evolutiva a quella clinica, da
quella dell'emergenza a quella dell'invecchiamento. Si direbbe però che la risposta istituzionale e sociale ad ogni
situazione critica, non necessariamente psicopatologica, sia invece un farmaco. Siamo davanti ad un cambiamento culturale
importante che si riflette anche nella salute e nel benessere, non è solo la crisi ma il tipo di soluzione che la comunità,
la nostra società, il nostro paese è in grado di fornire. Probabilmente è il più economico, più rapido, meno impegnativo ma
non necessariamente il più attento alla storia personale degli individui, alle proprie peculiarità, al modo in cui si è
organizzata e costruita la propria identità, la propria rete affettiva, sociale. Gli uomini e le donne sono sistemi che si
muovono dentro sistemi, il modo in cui si organizzano all'interno del mondo, della famiglia dipende anche dal sistema in cui
si trovano, dalle risorse che trovano nell'ambiente. Stiamo parlando di storia personale, di relazioni, di significati che
attribuiamo a noi stessi e agli altri e a quello che ci succede, di questo si occupano gli psicologi non di farmaci e non di
sola psicopatologia e, quasi incredibile a dirsi, in Italia operano un terzo del totale degli psicologi di tutta Europa, più
di 70.000 su 210.000 battono bandiera italiana. Ce ne sarebbe per aiutare tutti, ma evidentemente qualcosa nella categoria
non funziona, il meccanismo di marketing non è efficace come quello del farmaco. Ansia, attacchi di panico, disturbi dell'
umore , disturbi alimentari, insonnia o disordini alimentari meritano un trattamento integrato, in certi casi assolutamente
psichiatrico e farmacologico ma in altri casi le evidenze dimostrano che la migliore terapia è integrare l'intervento medico
con quello psicologico, psicoterapeutico. Infine, in moltissime situazioni di difficoltà è più che sufficiente un buon
supporto psicologico di sostegno, di motivazione, di orientamento, di aiuto a fronteggiare situazioni critiche o traumatiche
per prevenire l'insorgere eventuale di complicazioni di interesse psicopatologico. Ma i servizi di salute mentale sono
ridotti al minimo, per la prevenzione e la promozione del benessere non ci sono né investimenti, né risorse dunque è
probabile che la risposta farmacologica sia la più efficace in termini di "produttività" legata al tempo (poco) e ai costi
(ancora meno). La crisi ha tagliato i servizi, ma con delle strane eccezioni: nel Lazio i posti letto per la psichiatria sono
aumentati, da 369 a 629, 260 posti letto in più, una crescita del 70%, 50 sono affidati ai Dipartimenti di Salute Mentale
delle aziende sanitarie pubbliche e tutti gli altri, l'80% del totale, sono attribuiti alle strutture private. In pratica
sono 219 quelli che vanno ad arricchire i ricoveri in convenzione, quelli medi o lunghi. Qualcuno ha provato a fare due
conti, circa dieci milioni di euro di spesa in più. Ma non dovevamo tagliare i costi? Di cosa stiamo parlando? In gergo li
chiamano "manicomietti", cliniche linde e pinte in cui i ricoveri più o meno si ripetono, le famose "porte girevoli", dove i
pazienti entrano ed escono, poi rientrano e riescono perché in barba alla famosa legge Basaglia, il territorio non c'è mai
stato veramente, non ci sono mai stati finanziamenti, non si è mai costruita una vera rete con Centri di salute Mentale
aperti 24 ore su 24, con medici, psicologi, infermieri, assistenti, educatori disponibili. Dunque abbiamo farmaci, reparti di
emergenza psichiatrica e cliniche private. Qualcuno ha avanzato una buona proposta di legge per l'istituzione della figura
dello psicologo di base, proprio come abbiamo il medico di famiglia. Peccato che nella bozza si legga che a tale posizione si
potrebbe accedere anche con la sola laurea in medicina e odontoiatria. E perché mai un medico odontoiatra dovrebbe avere
competenze di psicologia? Nessuno lo sa, certo è che si tenta di rinforzare l'idea che qualsiasi incertezza psicologica,
qualsiasi risposta comportamentale meno efficiente debba essere medicalizzata e quindi "curata" sintomatologicamente con un
farmaco. Il disegno è completo e ben s'intuisce il tentativo di cancellare anni di conquiste sociali e sanitarie che hanno
visto tra l'altro proprio la psichiatria in prima linea, portare il disagio fuori dall'ambito medico-biologico, riconoscere
al comportamento disfunzionale le caratteristiche proprie dell'individuo, dei suoi processi mentali , delle sue relazioni e
del suo ambiente, non finalizzare tutto alla "cura" ma alla presa in carico della persona nel suo ambiente di vita. E' giunto
il tempo di "cambiare" e stavolta tocca agli psicologi insorgere e muoversi. Non è una guerra tra bande, medici contro
psicologi o viceversa, è un atto dovuto di chi per esperienza e competenza sa che i riferimenti epistemologici-culturali di
riferimento sono diversi e dunque diversi sono qualitativamente gli interventi, gli spazi di riferimento, gli ambiti di
ricerca. Anche un medico si occupa di biologia e fisica ma nessuno confonderebbe i territori, sicché sebbene la psicologia si
occupi anche di clinica lo fa in modo diverso, molto diverso dalla medicina. La psichiatria si occupa della malattia, del
disturbo psicopatologico e dell'intervento sanitario mirato alla cura e alla riduzione dei sintomi tramite psicofarmaci. Lo
psicologo si occupa del comportamento, dei processi, delle relazioni con gli altri e con l'ambiente, della salute mentale e
anche del disagio, ma con un'idea dell'individuo e dell'intervento che non è finalizzato alla "cura di un malato" ma al
cambiamento favorevole, all'equilibrio funzionale, all'armonia e alla massima espressione della persona nel suo contesto. E
il contesto è sempre un contesto di relazione: con la famiglia, con i colleghi, con gli altri, con la città, il paese, il
mondo. La psicologia di un paese in crisi non è necessariamente psicopatologia, per evitare di trasformare tutti in malati da
curare, in diversi da escludere e medicalizzare, forse è ora di chiedere all'esercito di psicologi italiani di farsi avanti,
di avviare la seconda rivoluzione per la salute mentale. Una rivoluzione culturale, di servizi, di buone pratiche, di
partecipazione nelle scelte e nei percorsi di sostegno, orientamento, nella costruzione di prospettive personali , nella
trasformazione delle proprie risorse in progettualità con interventi che vedono protagonisti non solo gli individui ma i
contesti in cui gli individui vivono. E' lì che dobbiamo portare prevenzione e promozione del benessere.