La cefalea da abuso di farmaci
Di fronte ad un paziente che ha problemi di cefalea quasi quotidiani e assume analgesici da lungo tempo, viene naturale pensare che sia la cefalea la causa dell'assunzione dei farmaci e non viceversa. Questo è il motivo per cui il legame fra abuso di analgesici e comparsa di cefalea è stato per lungo tempo misconosciuto. La possibilità che la cefalea abbia una causa iatrogena va presa invece in attenta considerazione dal momento che, come i dati disponibili suggeriscono, l'uso eccessivo di antiemicranici, sia da banco che da prescrizione, può in realtà peggiorare e perpetuare il mal di testa, causando la cosiddetta cefalea da abuso di farmaci. L'importanza clinica di questo problema viene confermata dal numero rilevante di studi che riportano una significativa riduzione della frequenza di comparsa e della gravità della cefalea in seguito alla sospensione dei farmaci analgesici e antiemicranici.
Lo sviluppo di una farmacodipendenza da analgesici e da farmaci antiemicranici è insidioso, il che rende difficile la valutazione l'entità del problema. Studi di popolazione riportano una prevalenza di cefalea da abuso intorno all'1-2% nella popolazione generale.
Quasi tutti i pazienti che sviluppano cefalea da abuso di farmaci presentano una storia di mal di testa di altro tipo (ad esempio emicrania, cefalea tensiva), che li ha indotti ad iniziare ad assumere analgesici e antiemicranici, e la loro storia di mal di testa è di vecchia data. Infatti, occorrono in media 5 anni dalla comparsa delle prime cefalee e l'inizio di un ricorso regolare ad antiemicranici e possono essere necessari altri 5 anni perché si sviluppi uno stato cefalalgico quotidiano. Questo dato inoltre è coerente con l'ipotesi che siano altri tipi di mal di testa che si trasformano in cefalea da abuso, ipotesi suffragata anche dal fatto che questo effetto non si manifesta in chi assume ad esempio analgesici per dolori diversi (ad es. artrosici).
Il meccanismo attraverso il quale l'uso cronico di farmaci a dosi elevate può trasformare una cefalea primaria in una cefalea indotta da abuso non è noto. Gli studi suggeriscono un possibile ruolo eziopatogenetico della serotonina a livello delle piastrine. Nei pazienti che soffrono di cefalea da farmaci si sono osservati infatti cambiamenti nel metabolismo della serotonina: sia l'uptake che le concentrazioni di base della serotonina nelle piastrine di questi pazienti erano infatti più bassi rispetto a quelli rilevati nei pazienti che soffrivano di emicrania e nei controlli che non erano affetti da questo problema. Sembra inoltre che vi sia anche un aumento compensatorio dei recettori della serotonina sulla superficie delle piastrine. I risultati di questi studi suggerirebbero quindi che l'uso eccessivo di antiemicranici possa sopprimere il ciclo metabolico centrale della serotonina, contribuendo così al peggioramento della cefalea.
Farmaci interessati
Inizialmente dimostrato per l'ergotamina, questo effetto è stato in seguito provato anche per analgesici non specifici come l'aspirina, il paracetamolo e la codeina. Tutti gli analgesici possono indurre una farmacodipendenza quando utilizzati in monoterapia nel trattamento del mal di testa. Anche le associazioni di analgesici con caffeina e barbiturici o con codeina creano facilmente dipendenza e rendono pertanto molto probabile l'instaurarsi di una forma di abitudine.
Con sempre maggior frequenza anche i triptani si sono resi responsabili di cefalea da abuso e le segnalazioni sono destinate ad aumentare visto l'impiego sempre più diffuso di questi farmaci.
Caratteristiche cliniche differenziali
La caratteristica principale della cefalea da abuso di farmaci è quella di essere quasi permanente. E' proprio questa assenza di intervalli liberi dal dolore che consente di distinguerla con facilità dalla crisi emicranica, che, invece, dura da una a 48 ore poi scompare spontaneamente per ripresentarsi a intervalli regolari, in generale più volte al mese. Anche il tipo di dolore si differenzia: mentre quello emicranico è pulsatile e lancinante, il dolore cefalalgico è un dolore diffuso come di cerchio alla testa. A volte può risultare più difficile distinguerla dalla cefalea tensiva. Quest'ultima di solito insorge progressivamente, dura parecchie ore, a volte anche uno o due giorni e si ripresenta a intervalli più o meno regolari ma a volte l'insorgenza diviene più frequente tanto da presentarsi più o meno costantemente. In questi casi la diagnosi si basa su valutazioni cronologiche.
La cefalea da abuso di triptani tende a svilupparsi più rapidamente rispetto agli analgesici tradizionali (addirittura solo dopo 6 mesi di utilizzo continuativo ogni 2-3 giorni) ed ha caratteristiche simili all'emicrania oppure si manifesta con un aumento della frequenza degli attacchi emicranici.
Solitamente sono le donne, fra i 35 e i 60 anni, che presentano anche segni più o meno netti di depressione o di ansia, le pazienti candidate a sviluppare cefalea iatrogena. Il problema si può presentare anche nei bambini: paracetamolo, paracetamolo + codeina e ibuprofene sono stati i farmaci utilizzati in alcuni dei casi segnalati.
Il trattamento
Poiché la fisiopatologia della cefalea d abuso di farmaci non è nota, è più l'esperienza che l'evidenza scientifica a suggerire il trattamento che consiste innanzitutto nella sospensione di tutti gli entiemicranici.
Questo "divezzamento" comporta nei primi giorni un forte aumento delle cefalee. Circa un terzo dei pazienti manifesta anche nausea, vomito, ipersudorazione e insonnia; nel 10-20% dei casi compaiono ansia, tachicardia e tremori; più raramente, vertigini, allucinazioni e incubi. Tutti questi sintomi scompaiono riprendendo l'assunzione dei farmaci che hanno indotto la dipendenza.
Perseverando nell'"astensione farmacologica" i sintomi dello stato iperalgico scompaiono progressivamente in due settimane circa.
I metodi proposti per realizzare questo divezzamento da analgesici sono svariati ma non adeguatamente validati. In alcuni casi si può procedere ambulatorialmente ad una riduzione progressiva del dosaggio degli analgesici nell'arco di un mese, in altri deve ricorrere ad una ospedalizzazione di 8-15 giorni. Sono state proposte anche tecniche non farmacologiche, in particolare la stimolazione elettrica, ma non esistono studi controllati che ne dimostrino l'efficacia. Il ricorso alla diidroergotamina parenterale (per 3 giorni eventualmente associata a metoclopramide) si è rivelato particolarmente utile in pazienti dipendenti da ergotamina.
Qualsiasi sia il metodo utilizzato, la maggior parte degli autori insiste sulla necessità di instaurare in questa fase un trattamento preventivo.
Negli studi di follow-up si è visto che tre mesi dopo lo svezzamento, circa il 70% dei pazienti ha una diminuzione rilevante (almeno del 50%) della frequenza delle cefalee.
In tre studi che hanno seguito circa 200 pazienti in media da uno a tre anni la percentuale di insuccessi (valutata in termini di riassunzione di analgesici e di ricomparsa di stato cefalalgico cronico) è stata del 25-50%. E' necessario perciò che i pazienti vengano seguiti attentamente per ridurre questo rischio.
(...omissis...)
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.informazionisuifarmaci.it/cefalea-da-abuso-di-farmaci
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)