Università di Chicago: ansia da Facebook
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L'ansia da Facebook
Osservare lo stato degli amici rende tristi. Scrutare in modo ossessivo l'attività dei propri contatti produce senso di inadeguatezza,
frustazione e infelicità. È questo in sintesi il risultato di uno studio sul social network più popolare al mondo condotto da una famosissima
Università di Chicago, la Booth School Of Business.
Facebook, oltre al senso di mortificazione dell'Io, depressione e insoddisfazione generale, produce, soprattutto, dipendenza. Più dell'alcol
e del tabacco.
Lo studio è stato portato a termine su un campione di soggetti adulti, maschi e femmine, e i risultati sono davvero inquietanti. Desiderio
spasmodico di collegarsi al social network a ogni ora del giorno e della notte, frenesia di aggiornare il proprio stato costantemente e
controllo angoscioso del proprio profilo, sono, tutti assieme, secondo i ricercatori della Boston University, comportamenti difficili da
controllare.
A farne le spese è l'orologio biologico degli utenti, costretto a un vero e proprio tour de force per mantenere attiva, e a ogni costo, la
connessione sul social network del "mi piace" e della condivisione eterna. Poche ore di sonno con aumento non controllato del senso di fame e ritmo circadiano sballato, trascinano, inesorabilmente, gli utenti a una incapacità manifesta nel mantenimento dell'equilibrio psico-fisico
tra lavoro, studio, e affari quotidiani. I dipendenti da Facebook sono, a farla breve, svogliati e disattenti -abulici, in una sola parola- e
con la propensione al non voler fare nulla che non sia legato all'aggiornamento del profilo o al click sul "mi piace", impressa in fronte
quasi fosse un tatuaggio. L'ossessione da Facebook, nell'ostentazione di un Io ipervigile alle mutazioni di stato altrui, e conseguente
adattamento e upgrade della propria pagina sul social network, per stare al passo dei propri contatti, induce, dunque, alla depressione. A
rischio, oltre alla normale attività emozionale del dipendente da Facebook, pure la vivacità sessuale, messa in serio pericolo dal delirio
collettivo che, come un'ossessione, corre sui binari del web al ritmo del costante aggiornamento di stato, che induce a passività e
indolenza.
Ansia da aggiornamento, dunque, e controllo angoscioso del proprio profilo fanno, del social network più utilizzato in Italia e nel Mondo,
uno strumento di tortura psicologica pericolosissimo, problematico da gestire nei soggetti adulti, da 35 anni in poi. Si parla già di Social
Network Addiction, la malattia da Facebook, una criticità da prendere sul serio e difficile da curare nel breve periodo.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)